mercoledì 24 giugno 2009

Borderline, capitolo 12




William si sforzò di non rimettere. La tosse era diventata così forte da aver procurato dei conati talmente vigorosi da farlo lacrimare.
Lo sconosciuto si chinò su di lui.“Tutto bene amico?” domandò in tono gutturale. Era alto, molto alto, e completamente rasato. Portava barba e baffi non del tutto neri e un collare di pelle attorno al collo con delle borchie appuntate sopra. I pantaloni erano calati. La punta del sesso ancora imperlata degli umori del piacere. Will, inginocchiato ai suoi piedi, fece sì con la testa. L’altro si limitò a vestirsi ed uscire dal separé.
Da quando Heath l’aveva lasciato, frequentare quel genere di posti era divenuta una consuetudine. Non andava elargendo piacere sessuali per soddisfare se stesso, ne tanto meno gli altri.
Voleva punirsi.
Guardò l’uomo uscire senza salutarlo. Si pulì i rimasugli di sperma con un fazzoletto, il resto andò giù insieme alla saliva. Non gli era mai successo di tossire con Heath, con lui scivola dentro che è un piacere. Con lui tutto era un piacere. I suoi occhi tornarono a riempirsi di lacrime. Era solo, dopo quasi quattro anni d’amore e dedizione, il suo ragazzo lo aveva mollato. Per un altro, un ginecologo. Si soffiò il naso mentre le lacrime copiosamente tornarono a rigargli il viso. Valutò se vista l’ora tarda fosse più saggio tornarsene a casa o attendere che un altro estraneo venisse a pulirsi l’arnese con la sua bocca. Se almeno quell’attività gli avesse concesso una minima soddisfazione! Invece lo faceva sentire solamente più triste, più solo. Ma l’idea di tornare a casa, nella sua casa che era pure quella di Heath, lo faceva piombare nel precipizio. Da Stacy non poteva andare. Da quando aveva preso quel lavoro di babysitter era sempre fuori. Persino di notte doveva stare con i gemelli e, di certo, il padrone di casa non accoglieva favorevolmente gli estranei. Certo lei era stata molto vicina a lui in quella settimana. Gli aveva leccato le ferite amorevolmente come solo una grande amica può fare.
Ma il dolore, quell’immenso mutilante dolore, doveva affrontarla da solo. In quel modo, forse, un giorno, ne sarebbe uscito. Un uomo sulla trentina entrò nel cubicolo. Senza presentazioni si spogliò. William notò i segni di una malattia virale. Ebbe un brivido. Ma cosa sto facendo? Heath mi lascia e io mi infliggo tutto questo? Come rinsavito fuggì via da quel luogo di perdizione per tornare, nonostante tutto, nel luogo dei ricordi.


Sette giorni prima...


“Amore di che parli, perché non dovremmo essere più insieme? A meno ché tu non ti sia stancato di me... ”
Lo disse sorridendo. Era un’eventualità talmente remota... lo era davvero? Lo vide divenire serio, terribilmente serio.
“Dolcezza cosa vuoi dirmi?” gli andò vicino e gli accarezzò la mano. Heath si sforzò di non piangere. Di non crollare. Doveva guardarlo in faccia e annunciare che c’era un altro. Un ragazzo bellissimo in quel momento in volo per le Barbados con il suo compagno. Era o non era uno stolto a fare una tale rivelazione?
“Ho conosciuto... cioè, lui è... è il ginecologo di Stacy. Quello che ha fatto nascere la bambina in metropolitana.”
“È in che senso?” William sentì nel suo interno montare rabbia e paura. Terrore e sgomento. Era un incubo o stava accadendo davvero?
“Abbiamo cominciato a frequentarci subito dopo la diretta televisiva e a provare qualcosa. Qualcosa di forte. Cioè, io... ” La voce si spezzò ma non si interruppe. Lo fissò negli occhi. “Non ho mai smesso di amarti, né di stare bene con te. Nonostante tutto la cosa è iniziata. E non posso farci niente.”
William trattenne uno sbuffo di riso. Incredulo. Totalmente incapace di credere alle parole di Heath.
“Naturalmente è uno scherzo? Tuo e di Stacy immagino, cosa c’è una telecamera nascosta? Poi metterete la mia faccia sbigottita su Youtube? Molto divertente, molto divertente davvero!”
“Vorrei fosse così ma non è uno scherzo. È capitato. E adesso stiamo insieme.” La rivelazione era stata fatta. Il gelo non tardò ad arrivare, e più tardi il tornado. Un vero ciclone che squarciò tutto. William ripensò al bel ragazzo alla destra di Stacy quel giorno durante la trasmissione. Davvero un bel bocconcino. Era gay? Questo non gli era stato riferito, né da lei né dal suo ragazzo. Si mise le mani sulla testa. Un rantolio allo stomaco. Un sudare a freddo, una voglia irrefrenabile di spaccare tutto, compreso il bel volto amato. Già, amore… ora gli sarebbe toccata quella parte, quella di chi ha ragione, di chi è stato ferito e la legittimità di buttare fuori tutto il suo veleno.
“Io... io... ” non riusciva a parlare William, non ci riusciva proprio. Fosse stato almeno in grado di alzarsi e picchiarlo! Eppure lo voleva con tutta la forza. Peccato che i suoi muscoli fossero bloccati. Completamente inerti di fronte allo sfacelo.
“William, dimmi qualcosa, ti prego... ” Heath era spaventato. Aveva immaginato quel tipo di reazione ma, una cosa è immaginarselo un’altra affrontarla.
Alla fine si tirò in piedi e si mise sopra il bracciolo della sua poltrona. Bastò questo gesto a far scattare finalmente Will.
“Non metterti vicino a me, vattene!”
“OK” ma prima che avesse avanzato di un solo centimetro lo prese per la camicia e lo attirò a se. Finirono in piedi guardandosi negli occhi.
“Mi stai lasciando... tu... TU...MI STAI LASCIANDO?!” berciò.
“Will calmati.”
“No, mi calmo, non mi calmo!” ormai la situazione era precipitata. Heath accettò le sberle, i calci sui polpacci ma quando lo prese per la gola cercando di strangolarlo, si ribellò. Serrò i polsi con entrambe le mani. Era più alto di lui e molto più robusto. Fu uno scherzo liberarsi dell’attacco. Lo sguardo di William tradiva rabbia e dolore, tanto dolore. Irruppe in un gemito prima di iniziare a piangere istericamente e, piangendo, a sbraitare tutto il rancore che aveva in petto. Disse cose gravi, pesanti. Rinfacciò praticamente ogni cosa si riferisse allo status economico del giovane. A sentirlo parlare sembrava che lo avesse raccattato per strada come un cane randagio. Heath aveva una dignità e sapeva che solo il venti per cento di quello che stava spiattellando crudelmente l’amante, era vero. Il resto solo esagerazioni per farlo sentire una merda. Per andare a colpire proprio quel nervo scoperto. “Tu mi lasci dopo tutto quello che ho fatto per te, mi lasci per un culo rotto” in una frase tutto il succo del discorso.


Non si erano lasciati bene William e Heath. Tutt’altro. Un acuto malessere occludeva il respiro del cantante. Ma chi cazzo l’ha detto che lasciare è migliore di essere lasciati? Era seduto su di una comoda poltrona nella Hall. Vide arrivare Jake da lontano. La visione gli procurò la prima sensazione di benessere dopo sette giorni d’inferno. Abbronzato, tonico, più attraente che mai.
Si alzò e lo accolse a braccia aperte.
“Ma che è successo? Sei sparito completamente.”
“Lo so. Ti chiedo di nuovo scusa” rivelò Jake baciandogli la guancia.
“Non fa niente, saliamo, dobbiamo parlare.” Una volta nella stanza di Heath, il ginecologo fu accolto dall’odore dell’amante.
“Da quanto sei qui?”
“In sostanza mentre il tuo aereo si staccava da terra.”
“Addirittura?” Heath fece sì con la testa. Dal frigo bar estrasse una birra ghiacciata. Ne porse un sorso all’amico.
“Finita” annunciò mestamente. “Con William. Mi ha cacciato di casa. Mi ha spedito i vestiti, qualche stupido disco e via. Finito tutto.”
“Mi dispiace. Non oso pensare a quanto sarai stato male... ”
“Male sto male, ma lui sta peggio credo. Mi ha chiamato la sua agente. Era disperata. Non capiva cosa stesse succedendo. Ha disdetto praticamente qualsiasi concerto, qualsiasi impegno mondano da qui a due mesi.”
“Gesù... ”
“Per fortuna c’è Stacy che lo ha controllato durante le prime ore. Capisci? Era così a terra che... ”
“Immagino! Ora come sta?”
“Non ne ho idea.” Si aggiustò i capelli biondi che gli coprivano la vista. Jake notò che erano più lunghi del solito.
“Anch’io ho molte cose da dirti... ”
“A sì?”
“Liam lo sa..."
“COSA?”
“Sa tutto.” Jake sorrise come un pazzo.
“E tu ne ridi? Come se niente fosse? Quando glielo hai detto?”
“Ha scoperto tutto da solo, credo che qualcuno ci abbia notato. Non chiedermi dove e perché. In ogni caso non l’ha presa come Will, niente del genere.”
“Sapeva tutto prima di partire... ed è partito lo stesso?” Heath era veramente incredulo.
“Un po’ è suonato strano anche a me all’inizio. Ma conosco Liam e tutto sommato è tipico di lui. Ha preso questa vacanza come una specie di celebrazione. In effetti abbiamo fatto sesso oltre ogni aspettativa e ricavandone un piacere impensabile.”
“Assurdo.”
“Tutto sommato no. Stiamo insieme da una vita, certe cose le capisci anche se le nascondi bene. Credo che avesse intuito la presenza di un altro uomo. E ci è rimasto male, eccome se ci è rimasto male, ma abbiamo vissuto questo periodo come del resto tutta la nostra relazione. Con amore, complicità, gioia.” Finirono i discorsi. Entrambi guardarono il pavimento in una lunga riflessione.
“Ma state ancora insieme?” Heath aveva davvero paura a formulare quelle parole. Temeva soprattutto la risposta.
“Sono sincero: se dipendesse da me andrei avanti così... Liam probabilmente mi terrebbe con sé pur tradendolo. Ma amore, tu no. Tu non lo meriti. Hai rinunciato per me alla persona che amavi più di te stesso e basta guardarti per capire quanto ne soffri ancora. Ma, come ti promisi, ora non torno indietro.”
si accoccolò ai piedi della sua poltrona. Appoggiò il viso tra le ginocchia simile ad un gatto che fa le fusa.
“Sei mio e io sono tuo. Soltanto tuo” garantì sbattendo le ciglia. Heath deglutì. L’eccitazione arrivò alle stelle, non succedeva da troppo tempo. Il sangue galoppò tutto verso le parti basse. Si sentì come una bottiglia di champagne pronta ad esplodere.
Lo prese per le spalle e lo avvicinò a sé. Si baciarono , a lungo e senza risparmiarsi. I vestiti volarono confusamente attorno a letto divenuto ben presto fulcro della loro attenzione. Jake si sdraiò bocconi. Divaricò bene le gambe in una richiesta muta. L’altro lo fissò per pochi attimi stordito.
Tutto il male che teneva dentro si sciolse liberando felicità pura.
Jake era suo, d’ora in poi.
Non c’era altro a cui pensare.

Erika Baldi, l’agente di William, era seriamente preoccupata. Per lei non era solo un assistito. Will era anche un caro amico. Bussò quattro volte alla sua porta per palesare la sua presenza. Al quinto rintocco il direttore d’orchestra si decise. Aveva un aspetto osceno. I capelli arruffati, il colorito tetro di chi è rifuggito dal sole troppo a lungo. Le occhiaie dovute alle poche ore di sonno risaltarono sotto la luce bluastra del corridoio. Bazzicare i retrobottega dei locali gay anziché dormire lasciava il segno.
“Non mi fai entrare Will?
“Erika, cara... quello che ci dovevamo dire ce lo siamo detti al telefono, cosa vuoi ora?” Lei si fece strada da sé. Per una negra cresciuta nel Bronx quel genere di problemi erano bazzecole.
“Il lavoro è lavoro l’amicizia è un’altra cosa. Che sta succedendo?”
“Strano che non si sappia ancora in giro. Pensavo che radio serva avesse ragguagliato il mondo intero. Ebbene sì, Heath Burton è di nuovo su piazza. Gioite gente!” parlava come uno stolto e aveva l’aspetto di uno stolto. Erika lo guardò con pena.
“Diavolo è una notizia tremenda. Non posso proprio immaginare perché tu e lui abbiate rotto, eravate semplicemente perfetti insieme.”
“Io lo so” affermò prima di attaccarsi ad una bottiglia di scotch. “talmente perfetti che è bastato che gli occhi azzurri di una puttana di ginecologo si puntassero su di lui e puff, il sogno è svanito.”
“Apri le finestre. C’è puzza di chiuso qui.” Anche di alcol e sperma. Pensò ma non lo disse. Notò però dei fazzoletti accartocciati sul divano accanto il p.c. portatile e a un oggetto dalla forma fallica. Una conversazione in cam era stata interrotta. Il tipo con i pantaloni arrotolati alle caviglie se lo stava ancora smanettando.
“Ripassi gli spartiti vedo.”
“Sei venuta qui per farmi la morale?”
“Quante seghe di fai al giorno?”
“Che c’è, ora ti occupi di statistiche? Interessante sapere quanto può annientarsi una persona dopo una rottura?” fissò la donna abbandonando l’atteggiamento cinico per qualche attimo: “Baby, lo so a che stai pensando. Guarda questo frocio patetico. Prima o poi mi passerà, lo so, non serve che tu me lo dica. Ho già un’amica che me lo ripete di continuo. Ma per adesso ci voglio sguazzare nel dolore. Sto soffrendo tantissimo. Ho paura di non farcela ma lotto per restare a galla. Prima o poi ne uscirò, lo so. Tornerò ai miei trionfi, tornerà William McCarthy il grande. Il magnifico. Ora no. Non ho voglia di lavorare.”
“Mettiti nei miei panni, ci sono delle scadenze.”
“Sostituiscimi, lascia credere che mi sono preso la gonorrea o l’HIV.”
“Ora esageri.”
“Edmund è bravo quanto me. Se la caverà.”
“Ed è magnifico, avrà una carriera esaltante. Ma non è te! I tuoi fan ti pretendono. Sai bene che ci sono un mucchio di persone che seguono i concerti solo per vedere te.” William si sentì lusingato da quelle parole. Sorrise. Il suo stomaco brontolò. Aveva dimenticato di pranzare. Gli succedeva spesso ultimamente.
“Lasciami preparare qualcosa. Ho il surgelatore pieno, ok?”
“Il concerto di primavera. Almeno quello. Me lo devi.”
William fece un segno affermativo con il capo. Un segnale sonoro irruppe imprevisto. Proveniva dal computer. Victim for love si era collegato. Aveva chattato con lui tre sere prima. Un tipo simpatico. Un po’ malinconico ma simpatico. E poi era senza cam. Quando William gli aveva proposto di masturbarsi insieme aveva gentilmente declinato l’invito. “Il contatto è insostituibile” aveva scritto.
“Romantico, io sono tutt’altro che romantico ultimamente” fu la sua risposta. Era curioso di tornare ad interagire con lui.
“Va bene, satanaccia, hai vinto. Vada per il concerto di primavera.” La donna fece hurrah con gli occhi e si accomiatò non prima di aver elargito un sonoro bacio sulla guancia.
“Ciao Victim, come va?”
“Ciao. Bene.”
“Che mi racconti di bello?”
“Che mi sento solo... ”
“Anch’io mi sento solo. Tu perché ti senti solo?”
“Dovevo scaricare la mia posta invece tutte le volte che accendo il p.c. di casa questo coso si collega.”
“E ti dispiace? Non vuoi chattare con me?”
Liam provò una sensazione tutt’altro che spiacevole. Poteva essere chiunque. Un grassone laido. Una donna annoiata. Un portatore di handicap. Eppure in quel momento ebbe la netta sensazione che al di là di tutti quegli improbabili fili ci fosse un tipo tutt’altro che insignificante. Ebbe un’erezione, immediata. Solida.
“Ho voglia di vederti... se sei attraente come hai detto l’ultima volta, Hot!”
“Però non è giusto. Tu mi vedi e io non vedo te.”
“Comprerò questa diavolo di telecamera, prima o poi se avrò tempo.”
“Hai detto che sei di New York e ti chiami Richard. Che hai quarant’uno anni e sei atletico e in forma. Ma se non ti fai vedere penserò che mi stai dicendo un mucchio di balle. Che invece sei un cesso.” Sostituì la bottiglia d’acqua all’alcolico. Continuava ad avere fame ma la voglia di restare con l’amico virtuale era troppa. Si accorse di essere di nuovo eccitato. Dio mio, questo prurito sessuale si sta facendo preoccupante. Pensò sistemandosi il pene nei jeans. Ma c’era qualcosa di diverso rispetto alle seghe con i compagni di masturbazione. Quel tizio lo faceva sentire bene sul serio. Capì dove aveva provato l’ultima volta quella sensazione di benessere e si sentì travolgere da quel piacere. L’angelo! Victim for love è l’angelo!

1 commento:

Jivri'l ha detto...

Povero Will, mi dispiace tanto per lui, ma chissà cosa succederà con LiamXD, non vedo l'ora di leggere il seguito. Brava tesoro, i colpi di scena non mancano di certo nei tuoi racconti.^^