sabato 6 novembre 2010

Professione amante


AUTORE: Giusi
PROTAGONISTI: Jan Holsen/Miguel Le Breton
GENERE: erotico
RATING: NC 17
DISCLAIMER: ho solo preso spunto dalla serie "Squadra speciale Lipsia" ma i personaggi sono assolutamente originali
SUMMARY: Jan Holsen professione gigolò oserà mettersi contro uno spietato signore della droga? Il suo protettore lo tirerà fuori dai casini o peggiorerà le cose?
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Il coniglio bianco


La tabella di marcia diceva: segui sempre il coniglio bianco. Jan ci aveva messo poco a scoprire che il coniglio bianco era il nome di un bar che logicamente non era un vero bar ma un troiaio. Un locale per scambisti con tanto di spogliarelli e ballerine di Lap dance. Si maledì per aver dato di nuovo retta a Miguel ed essere venuto in taxi. Difatti il tassista non sapeva un accidente di dove si trovasse il coniglio bianco, e da quasi due ore giravano come trottole nel hinterland di Berlino.Tra l’altro odiava passare per i sobborghi, gli ricordavano troppo il quartiere dove era cresciuto.
Finalmente trovarono il locale, all’insegna mancavano tre luci.
“Mi lasci pure qui” gli appioppò venti euro e poi scese. L’omuncolo li accettò e prima di andarsene gridò: “Addio finocchio” Jan Holsen fece il dito medio e poi imprecò. Già che quella sera di lavorare non aveva proprio voglia, c’era Bayer di Monaco – Borussia. Amava da morire il calcio, da ragazzino aveva pure praticato, ora al massimo prendeva a calci qualche lattina di birra.
Oltrepassò un gruppetto di persone che attendeva per entrare.
“Ciao Jan, entra” il butta fuori lo riconobbe.
“Berger” fu contento di vedere una faccia conosciuta. Berger era un suo amico, anche se era più amico di Miguel.
“Devi parlare con il tipo con i capelli bianchi e le basette, si chiama Eduard Rott, ti darà lui con chi hai appuntamento”
“Va ben grazie” dopo un’ultima pacca sulla spalla Jan s’arrischiò ad entrare. Come tutte le bettole schifose che gli toccava frequentare anche quella aveva poca illuminazione e la puzza di sperma era uno schiaffo in faccia dato a mano aperta. Si coprì la bocca disgustato e poi, per scacciare il nervoso, si accarezzò la giacca di pelle marrone. Dopo un breve corridoio raggiunse la sala principale. Il mobilio era scarso e scadente: un bancone dove venivano elargiti i cocktail, una decina di tavolinetti sparsi qua e là, e naturalmente il palco dove alcune ragazzette mezze nude inscenavano una sorta di Decamerone lesbo. Finalmente adocchiò il suo uomo
“Eduard?”
“Tu sei Jan, il ragazzo di Miguel”
“Sono qui per il lavoro, sì” gli dava sempre fastidio quando lo definivano ‘ragazzo di Miguel’. Lo faceva sembrare una sua proprietà, ed era l’ultima cosa che avrebbe voluto. Ma da oltre cinque anni era il suo protettore e anche volendo non sarebbe riuscito a privarsi di lui. Li legavano troppe faccende. Jan non avrebbe mai ammesso che senza Miguel sentiva perso.
“La coppia ti aspetta al primo piano, la terza stanza sulla destra.”
“Che tipi sono?”
“Beh lui sembra mezzo suonato, lei però è molto carina, slava”
“Sempre slave” sbuffò, a lui piacevano more, magari non tanto alte e con i fianchi importanti, era stufo di farsi sempre lo stesso genere di donna: alta, bionda, rifatta. Ma gli uomini ricchi, che erano la maggioranza dei suoi clienti, le preferivano così: bamboline da sbattere o meglio da far sbattere. Si accomiatò da Eduard e seguì la linea tratteggiata sul linoleum che conduceva alle scale.
Il nuovo corridoio sembrava quello di un albergo, c’erano porte sia a destra sia a sinistra. Da dietro ad esse provenivano gemiti e altri rumori ai quali Jan era fin troppo abituato. Bussò.
Un uomo sui cinquanta, talmente magro che non si capiva bene da dove traesse la forza per reggersi in piedi, pelato davanti e con un buffo codino, lo fece entrare.
“Si accomodi” da come parlava ansante sembrava avesse un enfisema o qualcosa che lo stava lentamente uccidendo.
“Buona sera” Jan si guardò intorno, la stanza era ancora più anonima di quella di un motel e la ragazza seduta sorridente sul letto era tremendamente insignificante. Pensò che farselo venire duro sarebbe stata una bella impresa e si maledisse per aver lasciato il viagra a casa.
“Ciao” lei le fece un’espressione estatica. “Rott diceva che eri bello ma non pensavo fosse così realistica la sua descrizione” si alzò e gli venne incontro.
“È sempre arrapata” spiegò l’uomo “questo succede a lasciare una donna matura per un’adolescente in calore” alla parola adolescente scattò la professionalità di Jan
“È maggiorenne oltre che arrapata?” lo fulminò con lo sguardo.
“Diciotto anni e sei mesi proprio oggi, Belinda fai vedere i documenti” lei sorridendo smorfiosa tirò fuori dalla Luis Vuitton la carta d’identità. Jan controllò con accuratezza poi restituì.
“Tutto a posto, poliziotto? Sono in regola?” civettò smorfiosa.
“Tutto a posto” ripeté lui cercando di trovare intrigante quello che scontato.
Il cornuto prese il suo posto in prima fila, seduto su una poltrona strategicamente posta ai piedi del letto, mentre Belinda si toglieva le autoreggenti bianche. Jan le fu addosso pronto a disegnarle un bel pigiama di saliva. Fu rallegrato che quanto meno non sapesse di qualche squallido profumo costoso, conservava invece un sano odore adolescenziale. E questo fece risvegliare i suoi sensi attutiti oltre che a far defluire i centilitri di sangue necessari per guadagnarsi una robusta erezione.


“Chi mi paga?” Jan non aspettò neanche che il cornuto si fosse ripulito, Belinda invece era in bagno probabilmente a smaltire l’ubriacatura da orgasmi multipli.
“Con Miguel ero d’accordo che li davo a lui”
Lo aggredì ponendo la sua alta figura contro la sua piccola e insicura. “Non mi fido di lui. Dammi i miei millecinquecento euro se non vuoi che pianti un casino” l’uomo, essendo infinitamente meno dotato fisicamente arretrò, spaventato dall’irruenza del più giovane.
“Va bene, stia tranquillo, la pagherò. Tra l’altro è stato così bravo, sono sicuro che la mia piccina vorrà di nuovo gingillarsi con lei”
“Se vuole gingillarsi con me deve sbrigarsi a tirare fuori la grana”
Dalla tasca di un cappotto probabilmente dal valore spropositato, l’omuncolo tirò fuori il denaro. Era un vecchio trucco fin troppo abusato: Jan si faceva pagare prima così che anche Miguel sarebbe andato a battere cassa e a quel punto il compenso sarebbe raddoppiato senza tanti sforzi. Ma nessuno di solito aveva da ridire, sia perché Jan la parcella se la guadagnava sia perché erano quasi tutti schifosamente ricchi. Dunque, euro più, euro meno. non faceva differenza.
Belinda uscì dal bagno sorridendo, voleva lasciare il suo stallone con un bel bacio, ma lui rifiutò gentilmente ogni avance. Senza salutare abbandonò la coppia.

Miguel stava facendo i pesi in soggiorno quando sentì il coinquilino entrare. Non era inusuale che alle due di notte facesse ginnastica. Miguel Le Breton conduceva una vita completamente scollegata dall’intera società per orari e per abitudini. Ad esempio se andava al ristorante non ordinava mai il primo il secondo, partiva sempre dal dolce. Affermava che se poi gli fosse entrato il resto sarebbe arrivato fino all’antipasto. Aveva l’abitudine di partire dal basso anche negli affari come nel sesso, di fatti era un feticista dei piedi. Gli intrighi amorosi non lo sfioravano, preferiva gli affari in particolare quelli che portavano denaro facile. Viveva in un appartamento extralusso al cento di Berlino. Amava circondarsi di cose belle per il gusto di averle. Il suo box armadi conteneva solo abiti di alta sartoria e il lussuoso bagno oltre che ad essere in tutto e per tutto come una piccola beauty farm, conteneva ogni cosmetico maschile costoso in vendita in città. Aveva appena trentadue anni, tra l’altro portati benissimo, eppure curava il suo aspetto con la maniacalità di una signora di mezza età. Il suo sguardo era chiaro e rassicurante, il sorriso malizioso, le braccia muscolose: la guardia del corpo ideale per qualunque donna. A renderlo ancora più sexy una cicatrice sotto il labbro, procuratasi durante uno scontro con un coetaneo durante l’adolescenza. Almeno questa era la sua versione.
Jan spinse la scheda dentro la feritoia, uno scatto deciso e la porta si aprì.
“Ma ti sembra questa l’ora di fare ginnastica?”
“Com’è andata?” Miguel si alzò per accogliere il suo uomo. Lo baciò sul collo “Puzzi di bordello”
“E secondo te di cosa dovrei odorare, di incenso? Non sono stato mica in chiesa!” si tolse la maglietta ancora intrisa di tutti gli effluvi del coniglio bianco. Quando fu nudo, si buttò sotto la doccia. Miguel lo seguì in bagno, raccolse i pantaloni che giacevano in terra.
“Sempre sveglio il mio ragazzo” ridacchiò borioso mentre acciuffava le banconote dalla tasca dei pantaloni, le contò per sicurezza poi uscì dalla stanza sorridendo. Avrebbe dovuto darsi una lavata anche lui ma preferì sdraiarsi sul divano a bere brandy.
Dormivano ciascuno nella propria stanza, Jan non portava anzi non era autorizzato a portare nessuna cliente e quelle rare volte che aveva un appuntamento vero e proprio avvisava Miguel in anticipo ordinando di non essere in casa.
Dopo la notte al coniglio bianco, Jan si svegliò che era già l’una, sul comodino accanto a letto trovò un biglietto di Miguel, c’era scritto: hai un appuntamento alle otto a Rudower Straße, 90. Vestito elegante. Il giovane imprecò a mezza bocca, ma non voleva pensare, non prima di aver bevuto un caffè lungo, ingurgitato horaffen, e spremuta d’arancia. Per sua fortuna la loro domestica aveva fatto previste il giorno prima. Dopo essersi rifocillato fece la doccia. In accappatoio entrò nella grande cabina armadio dove tirò fuori una camicia rosa e un bel vestito blu “lo troverà abbastanza elegante il capo?” pensò ad alta voce. Sapeva che ci sarebbe stato anche lui a quell’indirizzo. E tutto sommato gli piaceva che vigilasse su di lui in quel modo. Era molto protettivo nei suoi confronti, da questo punto di vista non poteva capitargli magnaccia migliore! Arrivò a Rudower Straße, 90 alle cinque. Pensò di fare un giretto. Il tempo sembrava non passare mai. Sperò in una telefonata di Miguel, provò a chiamare lui ma dio solo sapeva dove si andava a cacciare di giorno. Di solito s’incontravano sempre di notte, o di prima mattina se erano entrambi ancora svegli. Alle otto in punto si fece trovare davanti al luogo dell’appuntamento. Si trattava di un portone di uno stabile elegante. “La signorina Legarn l’aspetta al quinto piano, troverà l’ascensore sulla destra” fece sapere il portiere, un uomo di mezza età stempiato e di bassa statura. Jan posò lo sguardo su di lui poi tornò ad osservare attorno a sé: “Prima devo attendere un amico”
“Se l’amico è un uomo dai capelli scuri e corti è già salito e la aspetta, signore”
“Sia meno generico, sono in molti ad avere capelli corti e scuri” si stizzì.
“Le breton, mi pare abbia detto, un cognome francese”
“Va bene, allora posso andare” sospirò di sollievo.
Appena fuori dall’ascensore camminò lungo il corridoio che lo avrebbe condotto all’arrivo. Sentì il vociare allegro oltre la porta. Una ragazza bionda e già alticcia gli aprì, sfoderando un sorriso radioso.
“Sei Jan vero?” lo squadrò da capo a piedi “me lo auguro!”
“Sì, sono io”
“Anche il tuo amico è carino, entra” lo afferrò per un braccio così che si ritrovò dentro l’appartamento. Guardandosi attorno notò che si trattava di un loft elegantemente arredato. Dopo aver scrutato la mobilia vide gli altri occupanti: una mezza dozzina di ragazze, tutte tra i venti e i trenta avevano accerchiato Miguel sprofondato comodamente in una poltrona di velluto. Rideva anche lui, mentre loro facevano a gara per scompigliargli i capelli e strusciargli il seno sotto il naso.
“Benvenuto Jan, sono felice che tu non ti sia perso”
“Come faccio a perdermi se mi costringi sempre ad andare in taxi?”
“E dai, pasticcino, non te la prendere, lo sai che senza macchina non ci so stare” avevano un auto in due e Jan si lamentava sempre di restare a piedi. Miguel lo prese per un braccio invitandolo ad avvicinarsi. Tutte lo guardarono vogliose. “Ma è una specie di orgia di sole donne?” domandò Jan quando fu con la bocca ad un passo dall’orecchio del suo protettore.
“Non lo hai capito? Eppure sei navigato amico mio! È un addio al nubilato!”
“E la futura sposa chi sarebbe?”
“Non è ancora arrivata, tu comunque sei l’attrazione principale”
“Già, ma prima ci divertiamo noi con te” s’intromise una ragazza mora e riccioluta. Lo prese per la vita e lo attirò a sé. Spinse le labbra sottili sulle sue. Jan accolse la lingua. Di lì a poco, lo baciarono tutte e sette a turno e si ritrovò sporco di diverse tonalità di rossetto dalla fronte al colletto della camicia.
“Su calma ragazze, non me lo strapazzate troppo” Miguel lo scansò abbracciandolo.
Si appartarono. “Ti stai divertendo?”
“Sono scatenate!”
Si guardò dietro come se temesse di essere udito: “Ascolta Jan: devi essere molto disponibile con la festeggiata, siamo intesi?”
“Perché questa precisazione? Scopare è il mio lavoro, o pensi che mi faccia problemi per il suo futuro marito?”
“Poveraccio, è già cornuto!” ridacchiò “quello che intendo dire è: datti da fare, la persona che paga vuole che tu le faccia il servizio completo” a Jan dava sempre un po’ noia quando si esprimeva con frasi tipo ‘servizio completo’ ‘lavoretto soft’ ecc. Era cresciuto per strada Jan, era abituato a chiamare le cose con il proprio nome. “Devo venirle in bocca e romperle il culo, perché non parli chiaro?” lo fissò sgranando le fenditure blu. Miguel gli accarezzò dolcemente la barba appena spuntata.
“Lo fai sembrare quasi poetico” la sua voce era dolce. Senza preavviso gli bacio le labbra. Durò giusto un secondo.
“Ora sei sporco di rossetto anche tu” biascicò con cinismo Jan, in verità era turbato, ma evitò di darlo a vedere. Miguel, dopo una sonora pacca sulla spalla lo invitò a tornare dalle signorine.

giovedì 25 marzo 2010

Cuore d'infiltrato, cuore di poliziotto



Fandom: Squadra Speciale Cobra 11
Pairing: Chris (Mark) Erik, Semir
Storyline: poco dopo la doppia puntata Vita e morte
WARNING: Contenuti slash NC17 per scene di sesso

Gelide, come le mattonelle del bagno dietro la schiena. Chris si sta adagiando sulle piastrelle fredde e impersonali del bagno di Semir. Andrea non c’è e siccome loro sono stati impegnati in un inseguimento all’ultimo spasimo, sono finiti a casa del turco.
Chris sbircia la porta che ha lasciato maliziosamente semiaperta. Non sa se spera o teme di più che il collega entri. Sospira. Ma è un sospiro di piacere non di dolore, in quanto la sola idea glielo ha fatto rizzare. Abbassa la testa. Il suo uccello punta dritto verso il cielo o meglio si è fermato a mezz’asta perché contro la forza di gravità non può nemmeno la genuina virilità teutonica. Se fosse un pervertito trarrebbe soddisfazione a toccarsi nel bagno del suo compagno. A scaldare quelle mattonelle così fredde con il suo seme caldo, ma desiste. Chiude gli occhi. Fa un passo in avanti, non proprio un passo completo come quando si cammina per strada, un mezzo passo. Gli è sufficiente affinché il cazzo tocchi le mattonelle. Improvvisamente chiude il pomello della doccia. Ha sentito dei passi.
“Ti ho portato l’accappatoio” fa sapere il padrone di casa.
“Ok” sbuffa. Chris trova irritante la sua voce quand’è così arrapato, così stridula, tipo falsetto. E poi perché Semir non è entrato a fare la doccia con lui? Forse è un bene, in quanto non lo vuole davvero.
Quindici minuti più tardi è avvolto nell’accappatoio del collega, seduto sul divano. Una birra il lattina nella mano destra. Nell’altra la coscia nuda di Semir. Anche lui si è fatto la doccia. Chris sa di cosa ha bisogno il suo collega, e a lui costerebbe così poco. Spostare il palmo finché non arriva tra le gambe. Masturbarlo piano, poi più veloce. Non sarebbe nemmeno la prima volta che gli fa quel lavoro. Di certo non è la prima volta che fa godere un uomo. Sogghigna al pensiero. Una sega è una roba da ragazzetti. Ma, in fondo, cos’è Semir se non un bambino mai cresciuto che si diverte ad inseguire i cattivi come i personaggi dei videogiochi? Eppure ha una donna, una moglie e una figlia. Ha amato in passato, ha amato pienamente un altro uomo prima di lui.
Chris volta la testa verso la sua. Lentamente si avvicina, anche l’altro si tende. Le labbra si sfiorano appena. Il loro secondo bacio. Poi finalmente Chris lo fa davvero: prima appoggia la birra per terra. E poi lo tocca. E intanto il bacio incalza, duro, passionale.
Non dura molto ma neanche poco come la prima volta. Dopo l’orgasmo il bacio si fa più lento, più dolce.
“Non è solo questo per me Chris” lo abbraccia. Le dita percorrono la schiena, incontrano le cicatrici, le vezzeggiano. L’altro poliziotto sospira. Prima di Semir solo uno gli aveva insegnato a non vergognarsene, anzi le trovava persino sexy! Lui. Ma quelle erano di Mark Jager, non di Chris.
“Anch’io ti amo Semir” il turco risponde sorridendogli con dolcezza. Dopo aver perso Tom non avrebbe mai immaginato di provare di nuovo sentimenti così intensi per qualcuno. Invece quando lo guarda sente che Chris è tutto quello di cui ha bisogno. Ma allora perché non si lascia andare? Ma Semir non si da per vinto e torna alla carica: lo piega sul divano. Chris si ritrova con le spalle sul comodo velluto a coste. L’accappatoio si apre da solo.
Semir osserva rapito il favoloso torace esposto. Così muscoloso, liscio, indubbiamente attraente. Ingoia la saliva “Sei bellissimo... non sai quanto ti desidero” detto questo si piega e lo bacia: le clavicole, i pettorali, lo stomaco, gli addominali.
Ad un passo dal cazzo: “Ti prego non farlo!”
“Perchè? Lo vogliamo entrambi Chris”
“Io no, non sarebbe giusto”
Il piccoletto lo fulmina con lo sguardo. Ha capito che Chris nasconde qualcosa. Un segreto. Bello serie e bello grosso.
“Per chi non sarebbe giusto?” Chris lo accarezza con gli occhi. Si tira a sedere. Sa che non può più rimandare. Deve confidarsi, dire quella verità che gli strozza il respiro impedendogli di lasciarsi andare. Apre la bocca e Semir ascolta.
Era da poco entrato nei panni di Mark Jager nell’intento di stanare l’organizzazione dedita al traffico umano capitanata da Roman e Erik Gehlen. Proprio quest’ultimo fu la persona che più di tutti lo introdusse in quel microcosmo fatto di sesso, tanto sesso, cocaina e una vita sempre al limite. Un circo di trasgressione la cui spirale sembrava non avare fine. Eric gli procurava le puttane migliori, in cambio un unica condizione: che lo lasciasse guardare. All’inizio l’infiltrato aveva pensato si tratta semplicemente di una propensione al voyeurismo. Niente di speciale. Una volta però accadde un fatto strano. Mentre la puttana di turno si cambiava al bagno, Erik rimase seduto in poltrona guardando il complice ancora nudo e riverso con un curioso sorrisetto soddisfatto. Aveva i pantaloni calati e lo sperma gli impiastricciava ancora le pudenda. Ma non ci pensava affatto a riassettarsi preferendo guardare Mark che si toglieva il preservativo, lo annodava per poi posarlo sul comodino. Si alzò e lo raggiunse sedendogli accanto. Mark divenne rosso, quello sguardo ottenebrante lo fece sentire più nudo di quanto già non fosse. Il trafficante allungò la mano e lo gli toccò il torace. A quel leggero contatto lui rabbrividì.
“Sei proprio bello Mark Jager” lo scrutò con desiderio mentre lo toccava “dannatamente sexy” aggiunse: “adoro come scopi e come ti fai scopare” Mark non disse niente ma comprese. Erik Gehlen non voleva assistere alle prestazioni in quanto guardone: aveva un debole per lui. Così ci fece caso e le successive volte che si ripresentò quella particolare occasione Mark badò a dove l’attenzione del giovane Gehlen fosse. Non vi fu più spazio al dubbio, Erik non ci pensava affatto alla ragazza sotto o sopra di lui, guardava costantemente l’uomo. Questo provocò nell’infiltrato parecchie inquietudini. Non meno rese più complicate le cose tra di loro. Ogni qual volta i due restavano da soli, Mark trovava una scusa per andarsene. Finché un bel giorno Erik non se ne avvide.
“Hai paura di stare da solo con me, vero?” lo mise spalle al muro senza toccarlo, solo con la prestanza del suo corpo.
“Cosa te lo fa pensare?”
“Non prendermi per i fondelli. Ho capito che hai capito...”
“Che discorso è? Ti sei forse bevuto il cervello?”
Erik rispose con una risatina. Portò il volto più vicino al suo. “Hai capito che mi piaci e che ti voglio scopare” Mark fu percorso da un lungo brivido. Che fosse di paura o di eccitazione o di entrambe non aveva importanza. Fatto sta che, all’improvviso tutto gli fu chiaro. Anche lui lo voleva: Mark Jager voleva quella bestia senza cuore e senza cervello di Erik Gehlen. Il lampo che vide passare negli occhi di Mark lo fece ghignare di soddisfazione.
“Bene... bene, come pensavo. Anche tu mi vuoi... perfetto” gli accarezzò il labbro inferiore con l’indice. Mark prontamente tirò fuori la lingua per leccarlo. Non sapeva quanto fosse una buona cosa lasciasi scopare dal suo nemico. Sicuramente non lo era per Chris Ritter, ma per Mark Jager... si spostarono in camera da letto e diedero sfogo a tutto il desiderio che tenevano racchiuso dentro.

Annichilito dalla scoperta Semir guarda il suo collega senza parlare.
“Ora ti faccio schifo, vero?”
“Non lo so, dovresti?”
“Dovrei... ho avuto una relazione con... con chi ha messo fine alla vita del tuo grande amore, di Tom Kranich”
“Non è proprio andata così” Semir sorride con dolcezza “Mark Jager ha avuto una relazione con Erik Gehlen” Chris spalanca la bocca per la sorpresa. Pensa che non avrebbe dovuto dargli tutto quel peso. Era Mark tra le braccia della carogna che aveva ucciso il povero Tom, non lui! E Semir ci è arrivato praticamente subito!
“Il cuore di Mark è appartenuto Erik. Quello di Chris appartiene solo a me” si avvicina di nuovo e lo bacia. Questa volta Chris non gli impedisce di proseguire. Finalmente libero di dare spazio al cuore di poliziotto.