sabato 29 agosto 2009

Borderline, capitolo 17




Per tutta la durata del percorso che lo divideva dal Rockefeller Center alla sua auto, Liam si maledisse. Perché non l’ho baciato? Maledizione, quelle belle labbra non chiedevano altro! Aveva avuto paura, una paura fottuta. Del rifiuto? Che non sarebbe stato niente di speciale? Di ricominciare con un uomo diverso dopo tanti anni? Un uomo maturo però non un ragazzino da plasmare come era stato Jake. Oppure, ragione più che mai comprensibile e sensata, a bloccarlo come uno stoccafisso era stata la paura di desiderarlo troppo. Quel bacio, quel corpo, tutto! Era un’eccitazione dolorosa, non piacevole quella che sentiva per William. Un desiderio violento, appassionato, feroce. Se avessi assaggiato anche per un secondo quella bocca non sarei riuscito a trattenermi! Meditò. Me lo sarei fatto lì, in mezzo alla strada! Magari adesso sarei in una stazione di polizia a spiegare il perché di un tentativo di stupro ai danni del famoso direttore d’orchestra William McCarthy. I pensieri si susseguivano mentre si spogliava. Restò completamente nudo di fronte al letto. Per una manciata di secondi fu vittima di una specie di miraggio:
William disteso a suo agio sopra il copriletto, indossava solo un farfallino a pois neri e bianchi. Sorridente e malizioso, si accarezzava con una bacchetta il torace.
“Vieni qui, maschione, fammi assaggiare la tua di bacchetta”. Sbavante come un adolescente al suo primo approccio, Liam, perfettamente conscio che su quel letto non ci fosse nessuno, si gettò addosso al miraggio iniziando a strofinarsi sulle lenzuola, e sussurrano “O Will, sì... sì... sei mio… quanto ti desidero, ti desidero troppo!” baciò ed abbracciò il cuscino. Dopo essersi rotolato per qualche minuto stretto al guanciale, si ricompose.
“Sono patetico” disse ad alta voce. Mise le mani dietro la nuca fissando li soffitto. Dopodomani si sarebbero rivisti per un altro appuntamento. A quel punto poteva pure iniziare il lento, inesorabile, conto alla rovescia.


Heath scoprì che la gelosia a volte può esplodere a scoppio ritardato. Mentre era in piscina a girare quel dannato spot, le immagini di Jake sotto i colpi possenti di Liam fecero capolino nella sua testa. Bastardo, figlio di puttana, infame! Pensò. Ce l’aveva con lui, con l’ex del suo ragazzo. Jake, in cuor suo, lo giustificava. Forse perché lo amava troppo e non voleva vederlo per quello che era? Una puttanella ninfomane. Così lo avrebbe definito Stacy. Le mancava da morire la sua vecchia amica e se lei non lo avesse odiato ferocemente magari avrebbero potuto risentirsi ma… non c’era da farsi illusioni.
Heath odiava Liam, odiava il dannato potere che esercitava su Jake, odiava i suoi maledetti soldi e il suo maledetto uccello scappellato di ventiquattro centimetri! Ok, Jake piomba a casa tua con una gran voglia di farsi scopare, ma cristo a quarant’anni dovresti aver imparato a tenere a bada il tuo gigantesco wuster! Sbuffò nevrotico, ciondolò la testa nervoso. Non era verosimile. Doveva nascere il gay che avrebbe rifiutato Jake. Dunque anche Liam aveva diritto alla sua comprensione e al suo perdono anche se gli era dannatamente difficile porgere l’altra guancia.
Una volta fuori dalla piscina considerò la vendetta. Potrei tradirti Jake, potrei andare con un altro uomo e farti provare quello che sto provando io ora. In quel capannone c’erano almeno una decina di ballerini finocchi persi che avrebbero dato un occhio per scoparselo. Il problema è che lui non provava la benché minima attrazione per loro. E poi c’era da considerare un dettaglio importante: a Jake non sarebbe importato. Probabilmente ne avrebbe riso o peggio lo avrebbe trovato eccitante! A quel punto si recò nello spogliatoio. Nell’aprire l’armadietto il telefonino cadde in terra. “Cazzo!” imprecò. Lo prese in mano. Si rese conto di non averlo bloccato e, malauguratamente, una telefonata era partita scegliendo l’ultima lettera dell’alfabeto. William.

Il direttore d’orchestra raggelò. Heath lo aveva cercato! Proprio ora che il suo cuore si stava sciogliendo per un altro, il suo ex tornava a farsi vivo. Fissò incerto il telefonino per diversi minuti. Era stata una serata così bella quella del giorno precedente. E ora, invece di sentirsi libero di pensare al suo Angel e all’appuntamento del giorno appresso, era costretto a considerare Heath. Aveva provato in un clima di autentico trasporto e gioia. Già si vedeva in Italia, tra gli ulivi e i cipressi, i tetti di mattoni rossi e i romantici ponti veneziani. Magari con…
Il ritorno alla realtà era stato devastante. Che voleva da lui? Magari si era dimenticato un documento importante a casa sua? Un disco? Un portaritratti? Aveva bonificato l’appartamento da ogni traccia dell’ex ormai da settimane, ma qualcosa sfugge sempre…
Alla fine, una volta fuori dal teatro, decise di chiamarlo, non avrebbe sopportato di vedere comparire all’improvviso my big love, come aveva salvato ancora nelle rubrica, sul display. Gli si sarebbe fermato il cuore, ne era certo, tanto valeva precederlo.
Il cuore si fermò a Heath. Era per strada.
“Will ciao” rispose quasi senza fiato. Era un miracolo che fosse riuscito nell’impresa di parlare!
“Heath che succede?” già. Una spiegazione la doveva. E accennare alla chiamata sfuggita per sbaglio era una cattiveria gratuita. Ripensò a quante volte Jake gli aveva suggerito di contattarlo.
“Scusami ma… volevo sentirti e ho fatto pochi squilli poi non ho avuto il coraggio…”
“Stavo provando, ho trovato la chiamata.” Restarono per qualche secondo in silenzio.
“Mi manchi, so che non dovrei dirlo” all’altro si seccò la gola. Ebbe improvvisamente voglia di piangere e urlargli di tornare insieme!
“Mi manchi un casino anche te, cantante senza talento.”
L’altro sogghignò emozionato.
“Vediamoci.” Propose senza aver previsto di farlo.
“Sarebbe uno sbaglio Heath.”
“Non lo so… io…”
“Ami Jake no?”
“Sì ma… tu…”
“Cosa?” amo anche te, avrebbe voluto dire, ma non sarebbe stato leale nei suoi confronti.
“Voglio vederti, ho bisogno di te.”
“O del mio perdono?”
“Forse… anche, ma non per stare con la coscienza a posto. So di essere imperdonabile ma saperti incazzato a morte con me non mi da pace.”
“I fidanzati fedifraghi non meritano la pace.”
“Più che giusto.”
William fece un lungo sospiro prima di proporre: “Passa da me, sono troppo stanco per un locale o qualcosa del genere”. Deglutendo il cantante accettò.
Heath non aveva da tempo le chiavi, le aveva restituite al portiere poco dopo la rottura. William andò ad aprire la porta in accappatoio. Era stata una malizia voluta?
Entrambi furono travolti dalle emozioni e dai ricordi.
“Entra” Heath si guardò attorno. Non era cambiato molto dall’ultima volta, tranne per la mancanza dei portaritratti di loro due assieme.
“Vuoi mangiare, bere? Che ne so… farti pure tu una doccia?”
“Voglio solo chiacchierare un po’” ammise prendendo posto su quella che un tempo era la sua poltrona preferita.
“Ok ti ascolto.”
“Sono… sono felice di essere qui!”
“In effetti anch’io lo sono, Heath.”
“Già” sfrego i palmi nervosamente sui jeans. Alzò lo sguardo e lo fissò con tenerezza. Per un quarto d’ora circa raccontò dello spot, della sua nuova sistemazione, cercando di non nominare mai Jake. Poi, quando gli argomenti sembrarono mancare, Heath chiese:“Mi manchi come ti manco io?”
“Sì, dannatamente… ma non pensare di avere il mio perdono. Mi hai spezzato il cuore.”
“Lo so” non essendo capace di resistere all’impulso, si andò a sedere accanto a lui. Will sentì un brivido percorrergli la schiena. Sperò che non decidesse di baciarlo con la stessa forza di quanto sperasse il contrario.
“Sono uno stronzo. Totale. Ma è amore quello che provo per te.”
“Balle, se mi amassi non mi avresti lasciato per quel ginecologo dei miei stivali.”
“Mi dispiace.”
“Finiscila.”
“Si può amare anche dopo, anche dopo che è finito tutto” era un’affermazione grave la sua, e se ne rese conto solo dopo aver parlato.
“Da chi hai imparato queste cavolate, dal tuo nuovo boyfriend?”
“Forse” in effetti l’insegnamento partiva direttamente dalle parole di Jake post confessione dell’avvenuta scopata con Liam. Heath ci aveva pensato a fondo. Il suo ragazzo non aveva tutti i torti. William gli mancava troppo e si stava letteralmente evirando per riuscire a stare senza di lui. Si girò di scatto e, senza preavviso, gli catturò il viso tra le mani. Lo guardò a lungo.
“Sei sempre così bello... bellissimo …”
“Smettila Heath…”
“Non è giusto che ti faccia questo, lo so.”
“Che tu faccia a me?” sorrise amaramente. “E Jake?”
“Hai ragione, anche se esiste la remota possibilità che lui non sia geloso di te.” William fece uno sguardo incuriosito.
“In che senso non sarebbe geloso di me?”
“Nel senso che…” non aveva programmato di dirlo ma il bisogno di sfogarsi prese il sopravvento: “va a letto con il suo ex”. Sono patetico o no?
“COSA!? E tu… tu lo accetti?”
“No, no di certo. Ma sembra inespugnabile la sua buona fede. Dice che un grande amore come quello ha bisogno di concedersi tempi diversi, che probabilmente non saranno mai veramente divisi. Cose così.”
“Scemenze. Tu hai rinunciato a me, ti deve almeno rispetto per questo.”
“Sì, se non fosse che per lui… essere qui, e magari non so: baciarti! Ecco, per lui non sarebbe tradire.”
“Non capisco…”
“Per lo stesso motivo per il quale l’altra sera ha fatto l’amore con Liam e non se ne sente affatto in colpa.”
“Liam? Si chiama Liam il suo ex?”
“Sì”
“Credevo fosse un nome un po’ più raro per New York!”
“In che senso?” Heath era perplesso di fronte a quel soliloquio.
“No, niente. Solo che… Jake ha un pensiero paraculo. Facile trombarsi l’ex e poi correre dal nuovo ragazzo come se niente fosse.”
“Lui non la vede così. No, lui si è creato una specie di filosofia dell’amore che non muore. Siccome il suo cuore è tanto grande e il suo corpo tanto bisognoso d’amore, c’è posto per tutti!”
“Paraculo, altroché” ripeté senza enfasi. Stava ancora pensando alla coincidenza del nome. Liam... Liam… quanti Liam ci saranno a Manathann? Molti di più di quanti credevo.
“Ora devo proprio andare.”
“A quest’ora il tuo ragazzo ti starà aspettando.” Sempre se non è corso tra le braccia di Liam. Pensò il biondino malizioso.
“Già” Heath lo prese tra le braccia. Si strinsero forte, come due buoni amici. Come due grandi buoni amici.

martedì 25 agosto 2009

Un pieno di dolcezza



Questa fanfic è ispirata ad un fatto accaduto durante la terza stagione nella puntata: Morte di una diva.

Jan arriva al commissariato zoppicando e con la gamba fasciata dal ginocchio in giù, dice di essersi fatto male facendo snowboard, tutti lo prendono in giro e sono sorpresi tranne Miguel che, anche se non dice niente, non è meravigliato della situazione... anzi... questo mi ha fatto supporre che sapesse già dell’incidente ed ecco cosa è venuto fuori.
Buona lettura.


Un pieno di dolcezza


Da quando aveva conosciuto Miguel, il commissario Jan Maybach aveva dato un nuovo significato alla parola ‘premuroso’. Sì perché prima dell’amico-collega nessuno era stato veramente premuroso con lui. Proprio nessuno. Né la sua famiglia tutta apparenze, né tanto meno la sua ex non ché madre di suo figlio troppo occupata dalla sua carriera di manager musicale.
Miguel lo era, in una maniera che si poteva definire ambigua. Anche se a parere del giovane poliziotto biondo ambiguità e Miguel Alvarez non potevano stare sulla stessa riga. Per lui Miguel era tutto genuinità e istinto. Pure troppo istinto! E poi, dietro l’aria rude e sbrigativa, celava un lato dolce ed affettuoso che gli aveva più volte manifestato con slanci d’affetto e coccole improvvise a cui non era abituato. Jan aveva scoperto, con sgomento, che le effusioni gratuite che spesso Miguel gli riservava erano fonte di benessere al di sopra di qualsiasi aspettativa. Sia che gli stampasse un bacio sulla guancia o sul collo, un abbraccio da dietro, una carezza sulla nuca, qualsiasi gesto del genere gli procurava un senso di benessere assoluto. E Jan non avrebbe mai voluto rinunciare a simili attenzioni. Ma quel tale giorno, cadendo dallo snowboard con relativa lussazione del malleolo non aveva pensato ad avvisarlo. Certo gli avrebbe fatto piacere se a quell’improvvisata gita sulla neve avesse partecipato anche lui ma Miguel era occupatissimo con una ‘tale’ inglesina con il quale era occupato a ‘sperimentare’ tutto il kamasutra riga per riga, almeno a suo dire... no, non l’avrebbe chiamato per quello. Così che, quando se lo vide arrivare durante il breve ricovero in pronto soccorso rimase a dir poco sorpreso.
-Miguel... che ci fai qui?
-Come che ci faccio qui? Mi ha chiamato Benny, dice che ti sei fatto male.
Miguel si addossa su di lui con trasporto. Il padre guarda il figlio al di là della spalla del collega con aria severa ma, allo stesso tempo, tenera. Il ragazzo è seduto nella sedia a fianco del letto. Benny, colpevole di aver sottratto il telefonino per avvisare l’amico di papà, fa spallucce ed esce dalla stanza lasciando i due uomini soli.
-È solo una lussazione, che ci fai qui?
Lo dice fissandolo intensamente negli occhi.
-Cristo, me lo chiedi? Quando Benny mi ha detto che ti eri fatto male sono saltato in macchina e mi sono precipitato qui a tutto gas... ero in ansia.
-Lo vedo, sei tutto sudato.
Jan lo squadra divertito. Il look di Miguel Alvarez sarebbe andato bene per una passeggiata in centro non certo per una gita in montagna: camicia verde, giubbino di jeans, e pantalone della medesima stoffa.
-Insomma ti sei preoccupato... pensavi di esserti liberato di me, vero?
-Cialtrone, se lo sapevo che stavi così bene...
Miguel gli da un leggero cazzotto sul braccio
-Saresti rimasto con l’inglesina, vero?
-Non essere sciocco! In ogni modo, sono contento che sei apposto, non avrei mai potuto restare a casa sapendoti tutto fasciato dalla testa ai piedi.
Si fissano con grande intensità
-Sei sempre così dolce e premuroso...
Dopo essersi scrutati negli occhi per qualche secondo di troppo, lo sguardo di Jan si fa un po’ serio. Miguel tossisce imbarazzato. Istintivamente si alza ma l’altro lo ferma.
-Resta dove sei.
-Perché?
-Perché ora che sei qui...
-Ora che sono qui cosa?
-Non devi farti pregare...
-Jan... ti giuro non capisco...
-Voglio quei tuoi grandi abbracci che mi fanno stare bene. Ne ho bisogno anche se non sono in fin di vita.
-Ah.. questo, beh... chiaro
Goffamente Miguel lo stringe a sé con trasporto. Jan tiene la testa lievemente piegata sulla sua spalla gustandosi il suo odore. Sente di stare bene così... pure troppo...
Miguel, dal suo canto, non riesce a credere di averlo tra le sue braccia in quella maniera. Sa di desiderarlo così tanto, da troppo. Peccato che la location non sia delle migliori. L’ispanico si stacca un po’, vorrebbe parlare... magari riuscire a dire...
-Jan...
-Che c’è?
-Niente...
Miguel gli accarezza la guancia con dolcezza. I loro visi sono ad un soffio.
-Cosa vuoi dirmi, Miguel...
-Ero così preoccupato per te...
-Lo so, non saresti qui se non lo fossi... e sono felice che tu ci sia
-Io ci sono sempre quando tu hai bisogno, Jan...
-Sono proprio fortunato ad avere un amico come te...
Poco dopo Benny rientra e li trova così vicini, istintivamente i due poliziotti si scansano.
Miguel si alza di scatto:
-Vado a comprare dei dolcetti. Si troveranno dei dannati biscotti in questa specie di ospedale?
-Prendili per Benny...
E un pensiero inespresso.
Per quanto mi riguarda ho già fatto il pieno di
dolcezza...

sabato 8 agosto 2009

Miguel e Jan in volo


Miguel ha scoperto di essere l’unico erede di una prozia che vive in Spagna. Per beneficiare del lascito deve recarsi a Madrid. Ma c’è un problema... da sempre Miguel Alvarez soffre di mal d’aereo, o meglio: ha paura di volare! Chiede a Jan di accompagnarlo. Dopo aver risolto la questione di suo figlio Benny, Jan accetta di recarsi a Madrid con Miguel.


-Cos’è questo rumore? (il volto di Miguel è cianotico)
-Tranquillo, sta solo rollando un po’, non siamo nemmeno partiti
-Ma...
-Miguel, devi calmarti. Sei pallido... troppo pallido
-Ora capisci cosa intendevo per ‘paura di volare’?
-Ma si tratta di un viaggio di appena un’ora e mezzo. Stai tranquillo

Dopo qualche minuto di calma apparente, l’aereo finalmente parte.

-Jan... ci siamo (voce di Miguel ridotta ad un sussurro)
-Tranquillo, amico mio. Non c’è niente da temere. Sai quanti aerei decollano ogni giorno? È cento volte più pericoloso in macchina..
-Sì, ma io...
-Fai uno dei mestieri più rischiosi che ci sono e ti lasci intimorire da un viaggio in aereo? Pensa a quando acceleri con la BMW e mi schiacci in curva addosso alla portiera
-Pensavo ti piacesse...
-Magari giusto un pochino...mi piace quel tipo di adrenalina ogni tanto...
-Questa adrenalina per me ora.. è decisamente... decisamente...

L’aereo decolla!

-Decisamente troppa!! (Miguel urla in falsetto e si appiccica a Jan aggrappandosi al suo braccio)-Fantastico, è sempre una sensazione meravigliosa quando decolla.
-Oddio (Miguel nasconde la testa sotto l’ascella del collega)-Miguel, datti una calmata.
-Paura (sussurrato)-Cosa?
-Paura, Jan, ho paura (voce alta)
-Sei proprio un bel tipo... non ti lasci intimorire da malviventi ed assassini...
(Jan ride e gli stringe la mano)
-Bellezza, la tua mano è sudatissima, vuoi che chiami un’hostess e ti faccia preparare una camomilla o qualcosa...
-No, Jan, non ti azzardare ad alzarti. Non lascarmi solo, tienimi la mano
-Va bene ma... (ridacchia)
-Perché ridi? (stizzito)
-Miguel, dai, riprenditi, un guapo come te... non è proprio virile questo tuo atteggiamento
-Che vuoi che mi frega, tu fammi tornare con le chiappe a terra e te lo faccio vedere io se sono virile...
-A sì? Interessante... (malizioso)


Dopo qualche minuto l’aereo ha raggiunto finalmente la quota. L’ansia di Miguel sembra essersi calmata e ha persino lasciato la mano a Jan.
A metà tragitto però il velivolo comincia a ballare. Si accende la luce delle cinture e il capitano annuncia che stanno per attraversare una turbolenza.


-Oddio... mio dio mio dio (Miguel colto dal panico si butta nuovamente tra le braccia di Jan. Gli stringe il braccio fortissimo e questa volta infila il volto tra la spalla e l’orecchio del collega biondo)
-Datti una calmata! È solo una stupida turbolenza
-Dimmi che passerà. Dimmi che tra poco staremo bene, io e te in una bella stanza con vista...
-Ma certo. E mangeremo paeia e vino
-Grazie Jan. Sei proprio un amico

La turbolenza peggiora e persino le Hostess si legano ai loro posti. Il capitano prega ai passeggeri di non alzarsi per nessuna ragione. L’ansia di Miguel si fa incontenibile...

-Stiamo per morire...
-Assolutamente no! Devi fidarti di me. Ho mai sbagliato?
-Questa volta sì, mio dio! Jan io... devo dirtelo!
-Dirmelo?
¬-Sì, stiamo precipitando ed è giusto che tu lo sappia..
-.....
-Te quiero
-Cosa?
-Ti amo!
-Miguel tu... tu non sei in te!
-Forse... ti amo Jan, ti ho sempre... è bello morire tra le tue braccia...
-???

Poi, lentamente, l’aereo esce dalla turbolenza.
Miguel è ancora abbracciato a Jan. Un Hostess li guarda con tenerezza e chiede:
-Da quanto state insieme?
-Tre anni e mezzo (risponde Jan)
-Che carini, e andate a Madrid per sposarvi?
-Esatto...
-Auguri allora!
-Grazie

Miguel è esterrefatto!

-Perché le hai detto che stiamo per...
-Perché ti amo anch’io, testone!

martedì 4 agosto 2009

Borderline, capitolo 16



La sera seguente al concerto di primavera, William la passò in casa come se niente fosse. Come se la popolarità ritrovata, l’affetto dei fan che avevano scritto numerosi nel suo blog, non contassero granché.
Un’altra sera da vampiro. Magari l’ultima. Guardò il p.c. , puntuale alle nove in punto il nome Victim for love fece la sua comparsa su Messenger.
“Ciao bellezza…”
“Ciao, mi sei mancato Angel…”
“Mi piace il buffo nome che mi hai affibbiato…”
“Perché buffo? È sempre meglio di Richard.”
“Magari Richi è meglio, ok?”
“No, per carità, è pure peggio. Tu sei Angel, e basta!”
“Ok, sono il tuo Angel.”
“Lo sei… visto che dal vivo non mi è concesso vederti ora ti vedo da per tutto. Ieri ho conosciuto un uomo bellissimo, ho deciso che sei tu.”
“Davvero interessante... ” Liam pensò che avrebbe potuto scrivere di averlo conosciuto anche lui un uomo, o meglio: si era presentato a qualcuno che gli interessava tantissimo. Ma non era giusto confondere le due cose. Una cosa è questo bel segaiolo tutt’altra il mio magnifico direttore d’orchestra. Non era risuscito a chiudere occhio la notte precedente e non solo per causa delle botte subite! Aveva ancora un occhio nero e si sentiva qualche costola incrinata. No, il pestaggio non c’entrava. La causa era un’altra: il biondino dallo sguardo magnetico l’aveva torturato amabilmente facendolo sentire ad un metro da terra. Non aveva dormito perché la sua immagine non si toglieva dalla mente. Così bello, affascinante, carismatico. La sua bocca era talmente carnosa… fatta per i baci e tante altre sconcezze. Era gay. Questo era noto, e il bel tipo biondo dell’ultima volta non c’era. Si domandò che fine avesse fatto. Probabilmente è andato via prima per aspettarlo in casa considerò. L’eccitazione perdurò anche durante il giorno. Riuscì a schiacciare un pisolino tre le sette e le otto di sera dopo un salutare massaggio dalla Ying, la sua massaggiatrice di fiducia. E ora c’era Hot spot 69 che avrebbe supplito alla mancanza di sesso.
“Ora mostrami il tuo bel culetto, mi è mancato, sai?”
“Anche a me manca tutto di te. Vorrei vederti nudo ma tu ti ostini a restare nell’anonimato!”
“Non so… dammi dei buoni motivi per mostrarmi…”
“Ti assicuro che se fossi come il mio Angel, non un cesso pieno di lardo come immagino tu sia in realtà…”
“:)”
“Ti ucciderei con la mia bocca, baciandoti e succhiandoti ogni centimetro, per ore. Soprattutto ciucciandoti la tua verga immane. Mi ci attaccherei come un assetato farebbe con una boraccia…”
“Continua…”
“Ti stai segando senza vedermi?”
“Stasera non serve che io ti veda” tanto non mi basta più l’immagine di te dal punto vita in giù. Ho bisogno di fare sesso con William… il mio William…
“Ok… Dicevamo?”
“Assettato con la boraccia.”
“Già… leccandoti intorno alla cappella. Poi baciarti la punta, infilandoci la lingua di tanto in tanto. Farti soffrire un po’…”
“Sì… per la miseria…”
“Vado avanti?”
“No, voglio il tuo culo!” Will ubbidì. Per un attimo si dimenticò di posizionare la cam verso le parti intime. Ma il segnale era confuso così Liam non riuscì che per pochi millesimi di secondo a vedere il viso. Troppi pochi per riconoscerlo.
“Ora toccati. Immagina di farlo davanti a me. E io sono qui, con il cazzo in mano che sta per esplodere e non riesco più a scrivere.”
“Ok, ora smetto di scrivere anch’io e parte lo show!” Will prese da un cassetto la crema lubrificante.
Se la sparse sulle dita. Iniziò ad accarezzarsi tra le gambe mandando in visibilio Liam che ben presto si schizzò sulla pancia e fin sopra i capelli.”
“Gesù… che darei per poter farlo io. Sei così bravo...”
“Sai… io con le mani faccio magie…” anche William era venuto. E, fra una digitazione e l’altra, si ripulì lo sperma dalla pancia.
Decise di osare.
“Ci dobbiamo vedere…” tac, era fatta! L’aveva scritto. Meglio, anche se il sogno masturbatorio finiva, anche se era grasso e laido, anche se non esisteva affatto, essendo molto probabilmente solo il frutto della sua fantasia, doveva vederlo. Quella sciocchezza non poteva durare in eterno.
“Ok, tutto sommato ho voglia anch’io di… conoscerti Hot.”
Concordarono per il giorno dopo.


Heath ripose i pochi abiti appoggiati nella valigia nei rispettivi cassetti. Jake lo abbracciò da dietro mentre lo vedeva abdicare.
“Amore mio…” sussurrò.
“Non sto dicendo che accetto. Solo che… capisco il tuo punto di vista. Che però non è il mio.”
“Lo so… ancora non hai capito che lo vuoi anche tu.”
“Non è vero. Non sono il massimo come esempio di autostima ma non mi odio al punto da volerti dividere con qualcuno anche se questo qualcuno conta così tanto.” Sentiva la guancia del suo ragazzo premere sulla sua schiena, tutto il suo corpo era addossato su di lui. Lo amava da impazzire nonostante poche ore prima fosse corso dal suo ex per farsi scopare.
“Mi ami. E sai che stare senza Liam mi fa star male.”
“Ok. Dunque per questo dovrei di tanto in tanto… accettare questo compromesso? Tu che te ne vai da lui?”
“Sì. Ma non di tanto in tanto, spesso.”
“Jake, non giocare con il fuoco” così dicendo si girò. Lo fulminò con gli occhi.
“Se tu vuoi che io sia felice devi accettarmi per come sono.”
“Troia?”
“Sì, magari, anche… ma con Liam.”
“Cazzo, ho capito, non è solo sesso! Ma il fatto che tu sia ancora così innamorato di lui è il problema non la soluzione!” brontolò un po’ andandosi a distendere sul letto.
Jake lo raggiunse adagiandosi pancia in sotto accanto a lui.
“Non voglio smettere di amarlo. Non voglio defraudarlo dal suo ruolo. Lui per me è come un padre.”
“Bene… dunque scopi con mio suocero.”
L’altro sorrise. “Ammetterai che è eccitante.”
“No, è snervante” sbadigliò. La stanchezza cominciava a prendere il sopravvento. Jake lo strinse a sé. Heath non si ribellò. Anche lui voleva stare così. Addormentarsi abbracciato al ragazzo che amava tanto. Anche se lui amava Liam. Anche se non era solo suo.


La mattina dopo fecero l’amore. Iniziarono lentamente. La mano di Jake prese l’arnese e lo toccò finché non lo portò ad un’erezione coi fiocchi. Lo sormontò. Lasciò che il sesso scivolasse dentro e iniziò muovendosi piano. Poi velocizzò l’andatura.
“Ti amo, Haeth ti amo” si udì tra i gemiti. L’altro gli accarezzò il petto leggermente villoso. Le mani scivolarono lungo i fianchi. Afferrò la vita muovendo il corpo al ritmo delle spinte.
“Ti amo anch’io…” vennero quasi simultaneamente.
“Ammetterai che è stato anche meglio del solito…”
“Dove vuoi andare a parare?”
“Lo sai… l’altra sera sono stato a letto con Liam, ora ci sei tu con me. E dal tuo viso leggo un piacere assoluto.”
“Capirai che novità; è sempre stato un piacere assoluto fare l’amore con te, Jake.” Ricevette per risposta un bacio. Quando ne furono sazi decisero di alzarsi. Li attendeva un intero giorno di lavoro.


William si svegliò immerso in un rinnovato benessere. Si guardò intorno. Osservò come incantato spartiti e bacchette che occupavano gran parte del comò. Prima di sgusciare fuori dalle coperte si stiracchiò. Si guardò sullo specchio di fronte al letto. Malgrado fossero arruffati i ricciolini biondi erano ancora accettabili. Piacerò a Victim, e, soprattutto, lui piacerà a me? Si chiese mentre preparava la colazione. Spaccò a metà due arance mature. Preparò uno zabaione e scaldò delle ciambelle. Era felice, inquieto ma felice. Per il cinguettio degli uccelli. Per le auto della polizia a sirene spiegate. Per la nuova acconciatura della giornalista di Fox News. Tornava a sentirsi allegro per le piccole cose. Come un tempo, come quando l’amore gli scaldava l’animo. Perché? Si chiese. Angel non esisteva dopo tutto, tranne nelle sue fantasie masturbatorie, o ce n’erano addirittura due? Da una parte Victim, dall’altra il bel tipo, Liam, quella della sera del concerto. Non riusciva a togliersi il suo viso dalla mente. Sospirò. Chissà se un nuovo amore lo avrebbe salvato o distrutto di nuovo? Dipendeva da lui. Quella sera avrebbe conosciuto Richard, l’uomo con il quale chattava da settimane, ormai. Non sperava che gli piacesse. Se lo immaginava grasso, bassino e pelato. Magari effeminato. Dopo aver mangiato decise di scendere a Central Park per una salutare corsetta. La primavera aveva spinto i podisti a tornare all’attacco. Sospirò ogni qual volta vedeva una coppietta pomiciare. Gli mancavano i baci, gli mancava (da morire) sentirsi amato.

Durante la riunione per l’assegnazioni dei nuovi incarichi, Liam si distrasse. Più volte la sua segretaria, Tamara Honors, cercò di tenere sveglia la sua attenzione con dei leggeri calcetti sotto il tavolino. Era nera, lesbica e completamente rasata. Nel senso che oltre a non avere capelli non lasciava che sul suo corpo crescesse nessuna forma di pelo. Un tatuaggio intorno al collo raffigurava una collana di fiori.
“Signor Spancer, lei disegna casette invece di…”
“Mi aiuta a concentrarmi”
“Non ne sono del tutto sicura.” L’alterco durò un paio di minuti dopo di ché il direttore della Emilton Life decise di assentarsi per un quarto d’ora. Era nervoso, di più: agitato, emozionato. Per l’incontro imminente con Hot spot ma, soprattutto, per l’articolo sul giornale riguardante il concerto di primavera, capeggiato da una bella foto di William McCarthy. Gli piaceva così tanto che decise di strappare il foglio e portarselo a casa. L’avrebbe attaccato da qualche parte come fanno le adolescenti con i loro cantanti o attori preferiti. Magari vicino al computer. Chissà perché proprio lì. Forse c’entrava qualcosa il suo appuntamento? Di sicuro dietro ad Hot c’era un bel ragazzo. O forse aveva sei denti in tutto e una tremenda voglia sulla fronte priva di capelli? Sorrise a quella considerazione. Doveva farla finita con le congetture. Mancava una mezza dozzina d’ore all’incontro. Tanto valeva tornare alla riunione e rassegnarsi.
William provò fino alle cinque della sera. Alle sei in punto era sotto la doccia. Alle sette per strada. Per non apparire troppo formale aveva scelto di indossare jeans e camicia bianca. Un giubbetto di pelle marrone copriva le spalle dalle ultime folate di vento freddo.
Camminando verso il luogo dell’appuntamento tornò a lasciarsi incantare dalla natura. Il sole era da poco tramontato ma la luce rossastra irradiava ancora i vetri degli uffici a New York. Passando davanti ad una gelateria rinunciò al frappé che gli andava tanto per paura di offuscare il suo bel sorriso. Denti bianchi, pelle leggermente abbronzata, andatura sicura di sé. Capelli gialli come il grano maturo. E sorridente come chi non ha nulla da temere.
Davanti al Rockefeller Center Liam Spancer smorzò l’ultima sigaretta. Qualcuno ancora pattinava. Osservò distrattamente la gente che scivolava con leggiadria sul ghiaccio, taluni tenendosi per mano, altri meno graziosamente, incespicando per non cadere con il sedere in terra. Per quello strano incontro galante aveva scelto di celare il suo bel corpo statuario in un trench grigio che lo faceva assomigliare ad un detective anni settanta stile tenente Colombo. Le donne, guardandolo, arrossivano sentendosi attratta da quel simulacro di bellezza e virilità. Scorse subito il biondino avvicinarsi alla balaustra. Riconoscendolo, roteò gli occhi dalla sorpresa. William?! Cazzo William McCarthy qui! Proprio ora! Ora che ho l’appuntamento con… si sentì uno stolto anche perché, un attimo dopo, il direttore d’orchestra lo riconobbe e si avvicinò a lui tentennando.
“Ciao…”
“William, ciao… ti ricordi di me?”
“Certo” rispose emozionato. È ancora più affascinante di quella sera, ancora più bello e sexy! Considerò.
“Come mai da queste parti?” chiese in tono gutturale.
“Di passaggio” mentì, “e tu?”
“Ho una specie di appuntamento. Ma credo che mi sia toccato il bidone!”
“Oh… capisco.” Restarono per alcuni minuti vicini ciondolando da un piede all’altro. William vide un uomo grasso sulla cinquantina e fu sicuro che si trattasse di Victim. Come se niente fosse prese il nuovo amico sottobraccio e gli propose di cenare insieme. Pur titubante Liam accettò.
Scusami Hot se me ne vado. Ma questo è William e vuole cenare con me… puoi capire, no?
La cena si svolse in un clima rilassato e nevrotico allo stesso tempo. Non potendo pretendere un tavolo in uno dei ristoranti esclusivi della città si accontentarono di Bella Napoli, la pizzeria preferita di William.
Liam addentò un boccone della sua margherita.
“Stai provando qualcosa?”
“Sì, a Giugno ho un tour in Italia.”
“WOW; adoro l’Europa, l’Italia in particolare!”
“Sono luoghi d’incanto, ci sei stato di recente?”
“A Parigi c’è la figliale della Hemilton life, la mia società; sono nel settore petrolchimico”. Cavolo, va a vedere che oltre bello e sexy da morire è pure ricco sfondato. Ne ebbe conferma quando, alla fine della cena, pretese di pagare lui. Il suo portafogli conteneva una collezione spropositata di carte di credito.
“Ho capito perché hai scelto il Rockefeller Center sei una specie di Rockefeller anche tu?”
Liam sorrise imbarazzato ma fiero di sé. Non era il tipo di ricco che si vergogna dei suoi quattrini. Sapeva che erano frutto della sua intelligenza e dei sacrifici dei suoi genitori, dunque ne era orgoglioso.
“In effetti sì. Ho investito quasi tutto l’intero patrimonio dei miei in società petrolchimiche e colossi legati all’imprenditoria via Internet. Tutto questo nel giro di pochi anni. Fino a quindici anni fa insegnavo alle superiori.”
“Non ci credo!” William si bloccò al centro della quinta strada fissandolo con sgomento. Doveva tirare su il mento per riuscire a guardarlo dritto negli occhi. Liam era almeno una decina di centimetri più alto.
“Te lo giuro! Mio padre era già molto ricco ma non voleva mantenermi finché non avessi dimostrato di avere le palle per meritarmi uno stipendio a sette cifre nella sua azienda. E poi insegnare mi ha permesso di conoscere aspetti della vita nel quale non mi sarei imbattuto. E di conoscere Jake soprattutto… pensò.
“Già, i ragazzini di quell’età sono una scoperta continua. Anch’io ogni tanto faccio l’insegnante, in specie di stage per futuri pinguini” sorrise facendo emozionare il suo interlocutore.
“I direttori d’orchestra si chiamano pinguini tra di loro?”
“A volte”. Arrivarono di nuovo al Rockefeller Center. Questa volta non c’era quasi nessuno data l’ora tarda. William si domandò che fine avesse fatto quel ciccione segaiolo di Hot spot. Probabilmente era corso a casa ad attendere spiegazioni per via telematica.
“Sono stato bene con te William” confidò fissandolo negli occhi. L’altro restò a bocca aperta perso in quelle anime scure e profonde: le iridi di Angel…
“Anch’io, assolutamente…”
“Assolutamente da rifare?”
“Quando vuoi, ossia: non domani sera, provo fino a tardi.”
“Domani l’altro?”
“Sono libero!”
“Perfetto.” William si protrasse verso di lui per ricevere un saluto più affettuoso, magari un bacio? Ma Liam, intimidito da tutta l’attrazione che provava per lui, si limitò ad una leggerissima pacca sulla schiena per poi voltarsi e sparire tra i palazzi con il suo trench grigio e le sue spalle ricurve in avanti.

lunedì 3 agosto 2009

Pelle


Ecco una fanfic intensa ma coincisa dedicata agli stupendi e quanto mai ispiranti Miguel e Jan di Squadra Speciale Lipsia.


La festa di pensionamento del loro superiore è
stata piuttosto una scusa per sbevacchiare,
decisamente un po’ troppo. Jan ha la camicia
lievemente sudata. Odora di pub. Sta ridendo con
Miguel, senza motivo o se c’è, l’ha
completamente perso
di vista.
-Non serve che mi accompagni fino al letto
Miguel, la conosco la strada.
-Non si sa mai, con questi tipacci che ci sono in
giro. Afferma sogghignando.
Entrano nella camera da letto di Jan. Miguel gli
si para dietro in perfetto asse con la sua schiena.
Sono alti uguali.
-Stasera sono proprio su di giri. Mi farei un altro giro, tu?
Gli accarezza la schiena con un dito.
-Basta bere.
-Il solito bravo ragazzo, ma non ti scateni mai?
-Non mi provocare, Miguel.
Si gira e lo fulmina con i suoi occhi di ghiaccio. Miguel sorride storto. Poi torna più vicino.
Più vicino.
Lo abbraccia.
-Finiscila.
-Abbracciarti è proprio una bella sensazione.
La voce dell’ispanico è sensuale.
-Sei così caldo.
Appoggia la sua bocca all’orecchio.
Jan cerca di liberarsi della stretta ma lo fa con
poca convinzione. Miguel appoggia le labbra sul
collo. Lascia piccoli baci umidi.
-Stai esagerando. L’alcol non giustifica tutto.
-Già, nemmeno il fatto che tu, malgrado tutto, sai
così di buono...
-Lasciami... non scherzo Miguel.
Risponde facendo il solletico all’altezza dei
reni.
Jan ride e il clima si alleggerisce. Poi però
Miguel torna serio. Inizia a sbottonare la camicia
da dietro.
Lentamente.
Jan non dice niente.
Una volta a torace nudo, sospira. Sospira anche
Miguel. Non ha mai considerato che la schiena del
collega fosse così eccitante.
-Sei bellissimo.
Jan sta zitto. Sembra si stia mordendo la lingua
per non parlare. A quel punto Miguel s’inginocchia.
Con il viso è a pochi millimetri dalla parte più
bassa della schiena.
Guarda la curva intensamente. Ne è a dir poco attratto.
-Sei fottutamente sexy
Miguel è bloccato. Eccitato, tremendamente
eccitato. Non c’entra niente l’alcol.
La sua salivazione è a zero.
Ripete: -Sei bellissimo.
Il suo viso è di fronte ai glutei di Jan.
Tira fuori dai pantaloni il cordolo del boxer.
-Devo proseguire?
Jan è ancora in silenzio ma Miguel riesce a sentire il suo respiro che è cambiato. Si è fatto grosso. Come se avesse fatto cinque piani di corsa.
Miguel sbottona la cinta dei pantaloni. Lentamente ma, allo stesso, febbrilmente.
Abbassa i pantaloni.
Li abbassa lentamente. La vista del sedere gli toglie il fiato. Un aggettivo colorito gli sgorga da dentro.
-Cosa hai detto...
Miguel rabbrividisce udendo la sua voce.
-Ho detto che hai un culo favoloso.
Guarda il pavimento. Poi torna a guardare davanti a sé.
-Proseguo?
Ian: -Ti prego.
Miguel -Cosa?
-Prosegui.