lunedì 12 ottobre 2009

Borderline, capitolo 21


Capitolo 21


Se Jake non fosse riuscito a convincere il suo ragazzo a fare sesso a tre con il suo ex avrebbe quanto meno tentato di convincerlo ad incontrarlo. A conoscere Liam. Magari ad una cena o qualcosa del genere. La visita ginecologica di Leasly venne di proposito a fornirgli la soluzione. La nanerottola ninfomane entrò nello studio di Jake alle cinque del pomeriggio. L’ultima visita in programma prima del turno di serale in clinica.
“Ti trovo in forma, befana.”
“Attento a te, finocchio” si abbracciarono. Sebbene fosse ufficialmente l’ex del suo migliore amico, Leasly e Jake erano rimasti in buonissimi rapporti. Fosse stato anche per il fatto che nessuno dei due le aveva tenuto nascosto che facevano ancora l’amore.
“Hai visto Liam ultimamente?” chiese mentre il medico le tastava i noduli sottoascellari.
“L’ultima volta che l’ho incontrato scappava ad un concerto. Credo abbia una cotta per qualche violoncellista o qualcosa del genere.”
“Direttore d’orchestra. Sexy e con un culo a cui manca solo la parola, pare.” Jake si finse indifferente. Dentro di sé però qualcosa s’incrinò. Lei ci mise il carico.
“Hai un rivale agguerrito.”
“Nessun rivale. Liam può scoparsi chi vuole.”
“Già, l’importante è che continui a scoparsi anche te, giusto? Ah! Fai piano, la passera mi serve ancora.”
“Come no” Jake stava infilando lo speculum dentro la vagina. Tutto era a posto.
“Sei sana come un pesce, rivestiti.”
“Questo pesce vuole procreare però” dichiarò la donna mentre si rinfilava il mini abito firmato Dolce&Gabbana. Bianco con dei fiori a stampo.
“Fa come fanno tutti, trovati dello sperma!”
“Sembra facile. Con voi froci che cercate di accaparrarlo tutto. Concorrenza sleale.” Jake rise di gusto.
“Ti faccio una proposta: se io faccio una cosa per te tu fai una cosa per me?”
“Cosa sarebbe? Una specie di accordo tra puttane?”
“Esatto.”
“Ti ascolto.”
“Liam ha le palle piene di quello ti occorre e, soprattutto, desidera diventare padre.”
“Sì lo so. In passato ne abbia parlato.”
“Posso convincerlo a darti un figlio. Fai felice te stessa e fai felice anche lui... ”
“Jake sei un genio, ti amo!” con foga gli saltò in groppa. Jake l’abbracciò felice tenendola per le cosce.
“Ti conosco... cosa vuoi in cambio? Sentiamo...”
“Prima di tutto smetti di strusciare le tue tette posticce su di me. È inutile che ci provi. Sono davvero checca persa, con me non c’è trippa per gatti!”
“Invece Liam...”
“Sì, per quanto lo neghi, a lui le donne sono sempre piaciute. Prima o poi si toglierà lo sfizio.”
“Ok, basta tergiversare, cosa ti serve dalla tua amica?”
“Devi fare in modo che Liam e Heath si incontrino.”
“E perché?”
“Liam sarebbe felice di incontrare Heath, come mio fidanzato. Ma Heath non accetterà mai, la cosa lo metterebbe in imbarazzo. Tu conosci un sacco di pezzi grossi di New York.”
“Cosa dovrei fare esattamente?”
“Trovargli un lavoro anche temporaneo in qualche show. E fai in modo che Liam sia tra i produttori.”
“Così con Liam impresario e Heath tra gli attori, dovranno incontrarsi per forza.”
“Esatto megera. A quel punto dovremmo presentarli. Magari durante la prima o organizzando appositamente un party o qualcosa del genere.”
“Che non sarebbe nemmeno la prima volta. Due anni fa la Spancer associate produsse una piéces teatrale a favore dei bambini dell’Angola. E io sarei la strega? Te sei il genio del male!”
“Già. Se ci dice bene avrai la tua megascopata con Liam con tanto di concepimento. E io...”
Il suo sguardo si fece tra il diabolico e il lussurioso. “E io potrei riuscire nell’intento di farmeli insieme.”


Liam era annichilito. Heath, il ragazzo di Jake, dell’amore della sua vita, del suo quasi figlio, era l’ex di William, l’uomo con il quale desiderava una storia, una relazione stabile che li avrebbe portati alla vecchiaia. Insieme. Ma come era successo?
“Heath non ha mai avuto troppa confidenza con chatroom e quant’altro ma dopo la nascita di Vanilla... ora capisco, chattava con Jake, il suo amante!”
“E dopo che Jake se n’è andato ho iniziato a chattare al suo posto.”
“E io ho fatto lo stesso. Cristo santo.” William guardò in terra cercando i pezzi del suo cuore. Liam, la persona con il quale aveva creduto di iniziare una bellissima storia d’amore, magari romantica e piena di passione, era stato per anni l’uomo di colui che gli aveva rovinato la vita.
“William...” Liam si avvicinò cercando il suo sguardo.
“Io... io... sono disgustato. Tu sei Liam l’ex ragazzo di Jake!” Lo sapevo che era troppo bello per essere vero. Pensò. Cercò i vestiti con fare convulso. Sfortunatamente gli rivennero in mente le sue prodezze erotiche con la zucchina e quant’altro. Come poteva sapere che si stava mettendo in ridicolo con...inaudito!
“Tesoro non cambia niente. Io sono sempre quello di prima.”
“Sei... sei roba sua! Roba di Jake, di quel pezzo di merda!”
“Non sono roba sua!”
“Come no, Heath mi ha detto che scopate ancora, te e Jake” sibilò.
“Cristo, Jake glielo ha detto!” pensò ad alta voce Liam mordendosi il labbro inferiore.
“Dio, mi disgustate. E pensare che quando entravo ed uscivo dalle darkroom mi sentivo sporco. Avrei fatto bene a continuare a scopare in giro, altroché!”
“Non te ne devi andare, tra me e Jake è finita! Gli ho permesso di fare l’amore perché mi mancava ma non ti avevo ancora conosciuto.”
“Chattavamo. E non credo che tra voi sia finita. Penso che invece tu non smetterai mai di amarlo, questo è certo!”
“Forse una parte di me lo amerà per sempre è vero, e in quanto alla chat... beh, credevo sarebbe rimasto un gioco. Nemmeno avrei auspicato di potermi trovare un giorno a letto con William McCarthy” per qualche secondo il musicista rimase incantato da quelle parole. Ma giusto un attimo.
“Balle, e, in ogni caso, il problema non è quello. Tu sei stato con Jake e io non mi prenderò uno scarto di chi mi ha rovinato la vita. Anche se....” fu interrutto da un singulto. Calde lacrime solcarono le guancie magre.
“Anche se è un uomo meraviglioso, affascinante, intelligente e oltre modo sexy... anche se mi ha fatto sentire bene dopo un dolore così lacerante. Anche se... anche se sei il mio Angel...” fu sul punto di inginocchiarsi e piangere tutte le lacrime che infuriavano nel suo petto.
“Sono tuo, sono il tuo Angel. Se me ne darai la passibilità...”
“No, sono arrivato troppo tardi. Addio.” Lo guardò un ultimo istante. Liam Spancer era nudo, bello e sensuale. E gli piaceva come solo pochi uomini gli erano piaciuti da quando era nato. Dio lo sa, tesoro mio, se vorrei dimenticarmi di tutto ed abbracciarti. Ma l’orgoglio di animale ferito lo spinse ad uscire di scena.

Come l’araba fenice, William McCarthy sarebbe risorto dalle sue ceneri. Questa volta, era quasi morto sul serio. Ma decise che non sarebbe successo come dopo la rottura con Heath. Che doveva dimenticarsi di Liam Spancer alla svelta. Due dozzine d’ore dopo sarebbe stato in volo per l’Italia, paese che amava da morire. Questo l’avrebbe aiutato, forse, a dimenticare. Oppure sarebbe davvero impazzito tra quelle meraviglie paesaggistiche, le straordinarie risorse artistiche. I ruderi. I tramonti incantevoli. Avrebbe pianto lacrime amare affacciandosi dalla finestra del suo Hotel a Venezia, osservando i tetti rossi baciati dal sole. Le calle percorse da giovani innamorati mano nella mano. Perché il suo destino era di morire d’amore per sempre? Prima di Heath non aveva nemmeno mai pianto per un uomo. Prima di lui niente di serio. Probabilmente la sua paura a lasciarsi andare con qualcuno era frutto dell’abbandono di sua madre quando era molto piccolo. Qualsiasi psicoterapeuta l’avrebbe pensata così. Sua madre era morta di cancro all’utero. Suo padre si era risposato dopo due anni. Il piccolo William non glielo aveva mai perdonato. Aveva odiato il mondo degli adulti con tutta la sua forza. Forse per questo, una volta che lui stesso fu quasi adulto, iniziò a dare qualche segno di mancanza d’equilibrio. La passione per la musica era la sua salvezza. Nei momenti in cui il risentimento verso suo padre, reo di aver dimenticato l’amata madre troppo in fretta, si faceva troppo pesante, si rinchiudeva in camera sua. Infilava le cuffie per ascoltare, uno dopo l’altro, i nastri di musica classica che sua madre gli aveva lasciato nella scatola dei ricordi, così l’aveva denominata. Schubert, Back, Stravinskij , Beethoven. Era rapito. E, con eguale rapimento, saliva su di un panchetto e iniziava a incalzare l’orchestra immaginaria, ghermendo due matite e sbattendo il ciuffo biondo a destra e manca. Alla fine era come un orgasmo. Dopo le ultime note si ritrovava sudato e spossato. A quindici anni decise che voler intraprendere la carriera di direttore d’orchestra. Naturalmente suo padre lo sconsigliò, era un giudice stimato. Avrebbe voluto che il suo unico figlio (la donna che aveva scelto come moglie non era stata in grado di proseguire la stirpe) avesse intrapreso la carriera di magistrato. Naturalmente, William e il suo ciuffo ribelle fecero fagotto mandando a quel paese il vecchio McCarthy per sempre. Il resto era storia recente. Carriera brillante, amori di circostanza. Solo a Heath aveva permesso di entrare nel suo cuore. E lui l’aveva preso a calci.


La notte dopo la traumatica serata con William, Liam si ritrovò disperatamente solo. Cercò di rimettere insieme i pezzi di quanto era successo. Heath, l’uomo che si era frapposto a lui e Jake, era lo stesso che aveva spezzato il cuore al suo William. A quel punto, avrebbe avuto buone ragioni per andarlo a cercare e spaccargli l’osso che teneva unita il capo al resto del corpo. Ciondolò la testa nervoso. Aveva risolto da tempo la questione. La collera con l’amante del suo amante era durata il tempo di soffocare con il pene un povero cristo nel cesso di un Hotel. Rinvenuto dal suo smarrimento, Liam era tornato in sé. Era vero che, come blaterato da William, avrebbe amato Jake per sempre. Ma non era più suo. Avevano fatto l’amore ma quella scopata, per quanto grandiosa, era niente in confronto a quello che avrebbe potuto essere una storia d’amore con Will. Era questo che lo faceva rammaricare di più. Se solo mi desse la possibilità di dimostrare quanto amore ho da dargli, smetterebbe di pensare al mio passato con Jake. Avrebbe fatto qualcosa, non poteva restare a crogiolarsi nel rammarico per troppo tempo. E, tra l’altro, poche ore più tardi William sarebbe stato anche fisicamente lontano da lui. Ebbe un idea. Rischiosa, un po’ pazza ma abbastanza sensata da salvarlo. Da riuscire, forse, a far desistere l’amato dalla sua decisione di finirla. Di finire qualcosa che era appena sbocciato.

martedì 6 ottobre 2009

Ogni singolo respiro, capitolo 16



WARNING NC 17


Nonostante tutta la confusione che albergava in lui, o, piuttosto, proprio a causa di essa, Booth quella notte tornò tra le braccia di Temperance. E lo fece in maniera piuttosto risoluta. L’antropologa, reduce da una giornata apatica al Jeffersonian, aveva trovato il suo uomo ad attenderla davanti casa. Subito si era chinato a baciarla con veemenza. La collisione delle bocche aveva creato scintille e ci era mancato un niente che lo facessero direttamente sul pianerottolo! Per loro fortuna lo slancio era stato trattenuto fino alla camera da letto. Una volta che lei fu nuda dalla vita in giù, l’agente l’aveva piegata sul letto. Prenderla da dietro, nella maniera consona ovviamente (qualsiasi cosa ‘sodomita’ dove restare fuori dal loro menage) gli piaceva troppo. Ma la determinazione, l’aggressività o quasi con la quale si era presentato, misero Brennan in allarme. Il retaggio di un ricordo abbastanza recente decarburarono la libidine, sebbene i risoluti colpi contro il punto G fossero quando di più amabile a piè di una lunga giornata di lavoro.
“Booth basta!” esortò malgrado fino a tre secondi prima gemesse.
“Perché, non ti piace forse?” la sua voce tradiva cupidigia, e questo non piacque per niente a lei.
“Ti ho detto di finirla, togliti!” lo esortò. Il piacere fisico aveva lasciato spazio a qualcos’altro.
Booth tornò in sé. “Amore, mi dispiace! Se pensi che possa aver danneggiato il bambino...”
“No, non credo. Ma non mi piace quando sei così passionale. Cioè mi piace quando sei passionale, da impazzire. Ma non così. Sembri un energumeno. Cosa è successo oggi che ti ha reso tanto euforico?” quell’accusa colpì l’uomo. No, non c’era nemmeno da pensarci! Era vero che Carol lo aveva provocato. Era vero che la trovava attraente e che le sue attenzioni avevano messo a dura prova i suoi ormoni ma era Bones che amava! Era da lei che voleva il piacere. Non c’era speranza per nessun’altra al mondo!
“Sono solo pazzo di te. Ho visto come mi hai accolto sul pianerottolo e mi piaceva proseguire con quel tenore. Non pensavo di darti fastidio.” Furono interrotti dal telefono di Temperance. Era Angela.
“Piccola, ti ho disturbato?”
“Non proprio, dimmi pure.”
“Hanno scoperto a chi appartengono i resti dell’angelo!”
Brennan scattò a sedere come una molla. “Chi?”
“Nathan Shuman. Un guro del P.N.L. ti dice niente?”
“Kally e Emmerich.” Booth dilatò le pupille udendo quei nomi.
“Già. Su Web ci sono delle sue interviste. Pare fosse molto amato nel suo ambiente. Lavorava come coaching per diverse aziende multinazionali come motivatore ma, da un po’ di tempo a questa parte, aveva cambiato condotta.”
“Mio Dio”. Riagganciò dopo essersi data appuntamento con l’amica al Jeffersonian.
“Che hanno scoperto? Cosa c’entrano Kelly e Ian?”
“Booth, ti rendi conto? Anche quelle ossa potrebbero essere opera del killer della centrifuga!”
“Stai tranquilla tesoro...” La donna non voleva continuare a chiacchierare con l’amante mezza nuda e inumidita di piacere. Doveva ritrovare la sua razionalità, oltre a mutandine e gonna.

Se era stato un sogno, un presagio o un’allucinazione questo lei non lo sapeva. L’unica cosa di cui era a conoscenza che un uomo sicuramente buono l’aveva esortata a non disfarsi di suo figlio. Non riusciva a smettere di pensare a questo mentre al bordo dell’auto di Booth si dirigevano verso il laboratorio.
“Se questo tizio, come hai detto che si chiama?”
“Nathan Shuman.”
“Beh chiunque esso sia scopriremo perché è morto, da quando e se c’entra qualcosa il killer della centrifuga.” Pensieroso, biascicò: “Questo sarebbe un’altro buon motivo per interrogare Kelly.” Il suo piglio tradiva rabbia.
“Hai ancora intenzione di occupartene?”
“Certo! Prima del processo quanto meno. Se solo fossi stato a Washington quando è stato catturato... ”
Temperance si morse un’unghia. Non voleva pensarci nemmeno un secondo di troppo dove fosse, con chi fosse e, soprattutto, cosa stesse facendo durante la cattura del primo dei killer delle mamme. Con l’altro assassino? Con un innocente? Questo lo avrebbero deciso giudice, giurati e prove. A lei faceva male sapere che fosse con Emmerich e non con lei. Qualsiasi cosa il Profiler c’entrasse o non c’entrasse il suo uomo era stato a letto con lui. E quella specie di cotta o digressione sessuale sembrava ancora lasciare tracce ben visibili.
“A volte mi domando se riuscirò mai davvero a perdonarti di aver fatto sesso con Emmerich.” Ruminò a voce bassissima. Booth sperò di aver capito male, odiava dover tornare su quell’argomento. C’era sicuramente una parte di sé che lo amava ancora! E Sweets si era ben visto da scacciare o debellare quella parte. Era vulnerabile di fronte a quella consapevolezza. Così, proprio per non sbagliare, scelse il silenzio. Decisione che non entusiasmò Bones.

Il giudice per le indagini preliminari aveva disposto che Ian Emmerich fosse colpevole in qualche maniera e di essere in combutta con Kelly. Ma fino a quel momento, a parte la confessione di quest’ultimo e il rivelamento di alcuni reperti autoptici, nulla appariva chiaro, netto, nitido. E tutto il mondo si domandava il motivo per il quale un bravo e stimato agente FBI si mettesse a dare la caccia a madri di famiglia. Sarebbe stato sufficiente il profilo del Profiler? Sarebbe stato sufficiente rielaborare le immagini del piccolo Emmerich maltrattato per fare di lui un assassino? Il processo era alle porte. Sarebbe potuto durare molto oppure un’inezia. La selezione dei giurati era stata ostica. La voglia dell’accusa di mettere a cuccia, magari con l’ausilio dell’iniezione letale, i due assassini, aveva favorito la scelta di persone di sesso femminile, alcune madri o nonne o chi avesse direttamente che fare con bambini, ad esempio: una maestra d’asilo. Insomma persone poco incline a perdonare chi si fosse macchiato di tali efferati crimini.
La difesa, dal canto suo, avrebbe dimostrato quando nobili fossero state le imprese di Emmerich durante la sua carriera nell’FBI. Ma tutti e due, difesa e accusa, avrebbero scavato sul suo passato, quello dei maltrattamenti, del dormire sugli escrementi e le cinghiate. Lo avrebbe fatto anche l’accusa, per dare prova di quanto fossero fondanti i sospetti. Era una linea sottile quella che divideva pubblico ministero e difesa. Ma, di certo, se non fosse uscito qualcosa di nuovo abbastanza compromettente, la permanenza dei due nelle patri galere si sarebbe protratta per parecchio. Booth era tra quelli a cui premeva dimostrare l’innocenza di Emmerich ma era certo che avrebbe abbassato il capo di fronte ad una condanna di colpevolezza. Se fosse risultato chiaro il coinvolgimento dell’ex amante nella cattura e uccisione delle poverette, lui sarebbe stato il primo a gioirne. Se non altro, un’esistenza spensierata, o quasi, con la donna della sua vita lo attendeva. Le digressioni omosessuali potevano dirsi parte del suo passato. O no? Ci sarebbe sempre stato il fantasma delle sue colpe chiuso da qualche parte, magari insinuato tra la polvere del comò ad accusarlo, a ricordargli che era impuro e indegno dell’amore di Bones. Ma razionalmente voleva tutto. Voleva trovare la verità, voleva l’amore di Bones e il perdono di Ian. Oppure l’amore di Ian e il perdono di Bones? Questo sembrava fuori discussione in quel momento. Sebbene gli sbalzi d’umore, la donna rappresentava tutto ciò che aveva sempre desiderato.
Durante quei pochi giorni che precedettero il processo, Brennan e Booth vissero un piccolo idillio. Per non rischiare di incontrare Ardich, impossibilitato a parlare con il procuratore Franklin, Booth si rifugiò a casa della futura madre. Tra le sua braccia, ma, specialmente, tra le gambe. Per fortuna di Booth la donna non mostrò più dubbi e gelosie in particolar modo non nominò più Emmerich. Sembrava così appagata e felice dopo il sesso che tutto appariva facile e concreto. Erano loro due e basta e la ricerca del piacere. Dell’intimità assoluta. Ma buttare fuori di casa il resto, il veleno, i dubbi, la realtà, era stato difficile, quasi insostenibile, soprattutto a causa delle lunghe conversazioni telefoniche che l’agente non poté evitare con Wendy.


La notte prima dell’udienza Booth si portò il suo vestito migliore dietro. Lo appese sul porta abiti sospirando. Temperance gli fu dietro e lo abbracciò appoggiando il mento tra la spalla e la testa.
“Come ti senti?”
“Non me lo chiedere... non lo so. Un pesce fuor d’acqua o qualcosa del genere.” Si voltò per poterla abbracciare da davanti. Restarono per qualche minuto stretti simili ad innamorati romantici in una sala da ballo vecchio stampo. “Lo sai che ti amo?” le ricordò accarezzandole le labbra con un dito. L’indice fece dei cerchi simmetrici attorno alla sua bocca.
“Sì lo so, ti amo anch’io.” Lui restò interdetto. Era forse la prima volta che lo ammetteva. Magari glielo aveva confidato durante qualche orgasmo ma non gli aveva dato peso. Mai fuori dal contesto sessuale.
“Davvero?”
“Booth, stai scherzando? Certo che ti amo! Ti amo davvero tanto per guardare il tuo viso da labrador abbattuto e non sbatterti fuori a calci.”
“Mentre ora faremmo l’amore e tu sarai stata ben felice di non avermi sbattuto fuori a calci” ribatté mentre, sornione, alzava la gonna che fasciava le lunghe gambe toniche. Si chinò seguendo il percorso inverso dell’indumento. Guardò il ventre appena arrotondato. Lo baciò. La sentì rabbrividire. La liberò anche dello slip, e quando fu nuda dalla vita in giù, la contemplò per qualche istante. Non occorreva dirle quanto la trovasse meravigliosa. Lei e quella creatura che le cresceva dentro era tutto quello per il quale valeva la pena lottare, vivere. Fece per spostare la bocca in lidi più umidi e desiderosi d’attenzioni ma lei, trattenendo il desiderio, lo bloccò.
“No, stasera non facciamolo, ti prego.”
“Perché?”
“Diciamo che uno dei miei sbalzi ormonali, ok?” Booth si alzò in piedi. La fissò negli occhi senza chiedere... ma a lei bastò quello sguardo per rispondere.
“Ho paura di... di perderti, Booth.”
“Ancora queste insicurezze? Non cambierà niente... dopo.”
“Me lo giuri?”. L’uomo si morse il labbro.
“Qualsiasi cosa, ti prometto che non vi abbandonerò mai. Ogni singolo respiro, ricordi?” e così dicendo posò il palmo della mano sulla pancia.

giovedì 1 ottobre 2009

Borderline, Capitolo 20





Per Jake fu un giorno stressante tra puerpere e padri ansiosi, anestesisti e ostetriche. Insomma il solito tram tram. Alla fine della giornata poté finalmente rilassarsi sulla sua poltrona prediletta. L’avevano comprata lui e Heath poco prima di prendere la casa a Lexinton Avenue. “In questa poltrona si sta da Dio!” aveva confidato più volte al suo ragazzo. Si stiracchiò pronto a farsi un pisolino. Erano quasi le dieci. Si addormentò. Poco dopo un sonno molto realistico lo fece eccitare. Non erano fantasie per mancanza di sesso. Stava dormendo e sognava proprio! Nel sogno c’erano Heath e Liam seminudi. Heath abbassava le mutande del suo ex liberandolo da una gravosa erezione. Jake riusciva a percepire l’eccitazione di entrambi senza che essi pronunciassero la benché minima parola.
“Prendilo” lo esortava Heath afferrando il sesso tra le dita e il palmo e avvicinandolo alla sua bocca. Nel momento stesso che Jake si apprestava a succhiarlo di gusto, si scoprì sveglio.
“Cazzo, no! Era una sogno bellissimo” biascicò una volta che fu del tutto sveglio. Doveva finirlo,assolutamente! Chiuse gli occhi. L’eccitazione fisica gli impediva di riprender sonno. Probabilmente la causa del risveglio stesso. Decise di farsi una sega. Non era sua abitudine, anzi... nemmeno ricordava l’ultima volta che aveva praticato l’autoerotismo. Ma ne aveva bisogno, un fottuto bisogno. Con il pene in mano proseguì il sogno.
Jake succhiava ardentemente il sesso di Liam e Heath, a pochi centimetri dal suo volto, guardava colmo di libidine. “Sei bravissimo amore mio, sul serio” Jake s’interrompeva solo per chiedere di essere accarezzato tra le cosce. Heath accettò. Si spalmò del lubrificante sulle dita per cercare la prostata. Fuori dal sogno Jake cercò del lubrificante nel cassetto accanto. A quel punto non aveva senso tornare di sotto, alla sua poltrona prediletta. Si sdraiò sul giaciglio. Usò le dita dentro di sé. Esalò nel raptus dell’eccitazione. “Basta dita, voglio il tuo cazzo” nella fantasia valutò che tanto valeva usarli entrambi. Era davvero la cosa più audace che aveva sperimentato. Conosceva quella sensazione, essere preso da due uomini contemporaneamente. Era successo alcuni anni prima. Due studenti fuori corso l’avevano attirato nella loro stanza fuori dal campus e convinto (non c’era stato molto da insistere) a fare sesso a tre. Con qualche impedimento, alla fine Jake si era adattato. Aveva amato soprattutto la possibilità di soddisfare due maschi nello stesso momento. Soprattutto con la bocca. Specialmente quando avevano iniziato a schizzare all’unisono e si era adoprato per leccare gli umori di entrambi. Anche il momento della doppia penetrazione era stata eccitante. Con Liam e Heath sarebbe stato inconcepibile essendo entrambi superdotati. Ma, se non altro, era possibile nella sua mente. Nell’attimo stesso nel quale diede voce a quella fantasia raggiunse l’orgasmo. Alcune stille di seme lo colpirono sul mento e appena sotto il labbro inferiore. Istintivamente se lo leccò.
Heath rincasò dopo la mezzanotte. Scoprirlo nudo e stravaccato sul letto non lo sorprese. Era sua abitudine dormire senza niente. Ma la crema lubrificante gli suggerì qualcosa. Si chinò per baciargli la clavicola, “Bellezza, hai giocato da solo o sbaglio?” chiese. Jake si mosse un poco. Stava ancora cercando di prendere sonno.
“Indovinato” rispose aprendo gli occhi. Il suo pene era ancora semieretto, “mi sei mancato.”
“Anche tu, sexy” così dicendo il cantante si piegò per catturare le labbra. Riconobbe l’odore e il sapore di sperma. Per qualche secondo ebbe il dubbio che si trattasse di quello di Liam. Un brivido gli percorse la schiena.
“Sei stato a letto con Liam?”
“Perché mi fai questa domanda?”
“Sai di sbobba.”
“Non è di Liam. È il mio, mi sono schizzato in faccia.”
“Volutamente?”
“No ma... non è che mi dispiaccia” sorrise sornione. “Siediti, devo raccontarti il sogno che ho fatto.” Heath obbedì. Alla fine del resoconto restò incredulo fissandolo inquieto.
“Ti sei arrapato, ammettilo.”
“Finiscila, è solo un sogno!”
“Non mi hai risposto...”
“Se anche fosse non ci sarebbe niente di male. Le tue fantasie in proposito sono interessanti ma,
in concrete.”
“Non credo siano così in concrete” affermò pieno di malizia. Gli afferrò l’erezione attraverso i jeans. “Senti qui come sei duro, scoppi! E tu dici che non c’è nulla di concreto?”
“Alt, stai uscendo dal seminato, Jake. Come sempre! Una cosa sono i porno che ti fai con la testa, altro è la realtà.”
“Ammetti però che l’idea di scoparmi con Liam ti eccita?”
“Se si tratta di fantasticarti alle prese con due grossi aggeggi... ok, lo ammetto, mi piace. Mi piace un casino. Ma la realtà è ben altra cosa.”
“Confessalo, non si tratta solo di questo.”
“Che vuoi dire?” Heath stava perdendo il controllo della situazione con Jake che, nel frattempo, aveva preso il mano il suo sesso e giocherellava con la pelle intorno al glande.
“Voglio dire che tu ti sforzi di non ammetterlo ma l’immagine di me con Liam ti prende di brutto. Ti fa arrapare.”
Heath era frastornato. Cosa doveva fare? Provare ad essere sincero? Aveva delle fantasie in proposito e quanto detto dal suo boyfriend era parecchio vicino alla realtà. Per quanto geloso marcio, l’idea di lui fra le braccia del suo ex glielo faceva venire duro seduta stante.
“Un po’ sì, ok, un po’...”
“Un po’ cosa?”
“Non sono masochista, ma è chiaro che... insomma è normale, no?”
“Ecco, ci risiamo: di nuovo con la normalità!”
“Intendo dire che tu sei così sexy e lui è stato il tuo uomo per anni. E c’è tanta affinità tra di voi. Insomma...”
“Parla chiaro, piccolo. Non girarci intorno. Ti eccita l’idea di me con Liam e basta.” Heath non ci stava a far passare quel concetto. Ma era la verità. Una delle motivazione per il quale lo aveva perdonato di essere stato a letto con il suo ragazzo precedente era proprio questa.
“So solo che per me è... non so spiegarlo, insomma: tu e lui fate scintille. Tu sei assolutamente soddisfatto da me ma lo eri anche da lui. Lo sei ancora... insomma, è come se Liam fosse un’esenzione di te ma anche di me, in un certo senso.”
“Sono tutte fantastiche congetture. Ma non si tratta solo di questo” Jake smise di fare una sega a Heath. “Tu, io e Liam, insieme.”
“Cosa?”
“Sto parlando di farlo tutti e tre insieme. Come nella mia fantasia, nel mio sogno. Dio... sarebbe stupendo!”
“Adesso stai esagerando” scandalizzato e stizzito Heath si alzò dal letto.
“Dimmi cosa ne pensi.”
“Senza insultarti? No, questa volta hai passato il segno.”
“Non dirmi che non ti piacerebbe.”
“Puoi giurarci.”
“Che ti piacerebbe?”
“Che gli spaccherei il muso!” proseguì in tono più civile: “Jake, piccolo, forse tu mi trovi un tipo vecchio stampo, ma, fantasie a parte, io non ce la farei a dividerti con nessuno, con il tuo ex specialmente.”
“Perché?”
“Basta, non voglio discutere di questo!” Irritato prese la via della doccia. Jake contò fino a dieci per vincere la tentazione di infilarsi dentro al box con lui e fargli una fellatio coi fiocchi. Ma decise di trattenersi. Probabilmente, restando da solo, Heath avrebbe avuto modo di riflettere sulla questione.


William era incredulo. Come faceva a conoscere il suo nickname? O meglio: l’identità Messenger ereditata da Heath.
“Liam io...”
“Sono hot spot” ammise senza mezzi termini.
“Stai scherzando?”
“Nemmeno per idea.” Iniziò a ridere quasi istericamente. Il direttore d’orchestra lo guardava confuso.
“Ecco perché ti trovavi al Rockefeller center. Eri venuto all’appuntamento!”
“Già, anche tu! Non ci posso credere. È una coincidenza incredibile.”
“Vero.” Anche William rideva.
“C’è solo un problema Will.”
“Sarebbe a dire?”
“Io non credo nelle coincidenze” si alzò a cercare il pacchetto di sigarette nei suoi pantaloni. Un pensiero un po’ sinistro cominciava a farsi largo nella mente dell’affascinante industriale. Se prima di lui a chattare con il nik Victim c’era stato Jake, chi c’era dall’altra parte? William? Improbabile giacché egli aveva ammesso di aver iniziato a chattare dopo la rottura con il suo ex. Dunque dopo che Jake era uscito da casa sua.
Si toccò le meningi nervoso: “Ho la testa che mi sta esplodendo ma voglio capire.” William si mosse felino verso lui.
“Che ti importa? Hai un doppio sogno erotico tra le tue braccia e ti preoccupi? Sono Hot spot, sono William. Sono quello con cui volevi fare l’amore poco fa, ricordi?”
“Non avere dubbi in proposito. Muoio dalla voglia di farti l’amore...”
“Ma il tuo pene sembra pensarla differente.”
“Perché sono inquieto, perché non riesco a riprendere da dove eravamo rimasti se non risolvo la faccenda.”
“Secondo me non c’è molto da risolvere. Si chiama destino. Le nostre strade erano destinate ad incrociarsi e il destino, per essere sicuro che ciò accadesse, ci ha dato ben due possibilità.”
“Molto interessante quest’ipotesi e anche molto romantica. Ma, ti ripeto, sono un tipo razionale io e credo che le cose non succedano quasi mai per caso.”
“Magari questa è proprio l’occasione che ti farà ricredere.” Ma Liam era irrequieto. Continuava a fumare nervoso aspirando poco e buttando fuori corpose boccate.
“William, piccolo. Ti scoccia se ti faccio qualche altra domanda sull’argomento?”
“Se ci tieni tanto... che altro vuoi sapere, detective?”
“Beh, ad esempio: hai sempre chattato tu con quell’identità Messenger. Intendo con il nickname hotspot?”
“In realtà no. Ma non capisco cosa c’entri questo.”
“Credo di aver capito cosa è successo.”
“Sarebbe?”
“Era il tuo ragazzo che chattava con... con il mio ex.”
“Perché il tuo ex chattava con il nik...”
“Sì, Victim for love era una sua invenzione. Credo che si fosse ispirato ad un fumetto o qualcosa del genere. Penso avesse a fare con la sua infanzia. Ti assicuro che Jake, in amore, non è mai stato una vittima” sorrise amaramente.
“Jake... il tuo ex si chiama Jake?”
“Sì e il tuo?” Liam lo vide rabbuiarsi e sbiancare di colpo. “Che succede?”
“Il nuovo fidanzato del mio ex ha mollato il suo uomo per... per andare a vivere con lui. Anche se ci fa ancora sesso...”
“William, che stai biascicando?”
“Il ragazzo del mio ex si chiama Jake, e, soprattutto, cosa che non sembra affatto un caso di omonimia, il suo ex, intendo l’ex di Jake, si chiama Liam... come te.”
“Come si chiama il tuo ragazzo?” chiese nuovamente. Era solo una proforma in quanto Liam aveva bello e capito tutto. Il mosaico sembrava completo, mancava solo una tessera. La quarta tessera, e tutto sarebbe venuto alla luce.
“Heath. Io il mio ex si chiama Heath.”