lunedì 16 marzo 2009

Io con un uomo mai, capitolo 12




Capitolo 12


“Ti manca?”
“Pronto chi parla, pronto” la voce di Booth si era fatta grave.
“Ti manca il tuo amichetto?”dall’altro capo del ricevitore una voce resa metallica da uno strumento decriptante lo stava provocando.
“Ma chi sei, parla!”
“Non sai quanto è divertente con voi superuomini. Veramente divertente. Quando avete paura di morire siete peggio delle donnette. Aveva ragione il mio collega. E poi è stato un gioco da ragazzi prenderlo” Booth cominciò a sudare freddo. L’S.I. lo aveva chiamato, e lui non riusciva a spiccicare una sola parola sensata. Era completamente inerte, dalla sorpresa, dall’adrenalina che saliva.
“Le tue amiche si stanno divertendo a ricostruire il loro puzzle umano”
“Dimmi dove sei, subito!” certo non lo avrebbe detto mai, il killer della centrifuga, ma tanto valeva perdere tempo. Vedendolo così sconvolto, si formò un cerchio attorno a lui. Alcuni credevano stesse parlando con il Jeffersonian, nessuno poteva pensare ad un a realtà del genere.
“Sì, è stato un gioco da ragazzi tirarlo fuori da quel letto. Booth, gridava. Sì, gridava il tuo nome, ha perso la voce a forza di chiamarti, ci teneva tanto a te, peccato”
“Perché, perché parli al passato, maledetto che gli hai fatto, che gli hai fatto?” berciò. Booth era fuori di sé. Per qualche nanosecondo quella telefonata gli aveva riacceso una piccola speranza, ma il fatto che il killer non parlasse al presente faceva capire fin troppo.
“Che mammolette questi agenti dell’FBI, davvero delle mammolette” chiuse. Il capannello attorno a lui era diventato vociante. Tutti volevano sapere. Ma Seeley Booth non aveva voglia di parlare. Non c’era tempo di parlare. E la busta delle dimissioni che aveva tenuto fieramente in mano stava per divenire poltiglia. Ora che Ian Emmerich era una vittima del killer della centrifuga, l’FBI lo avrebbe cercato. Jasen Ardich, capitano fresco di nomina, uscì dal suo ufficio attirato dal baccano. Una volta che fu ragguagliato di quanto successo, raggiunse l’agente perno centrale di quel caos.
“Booth, stia tranquillo, questa volta lo prenderemo” fece sapere squadrandolo fieramente.


Cam e Bones lavorarono ai resti fino alle due del pomeriggio. Di una cosa furono concordi fin dall’inizio: era opera del serial killer. Solo verso l’ora del tè furono concordi anche su altro.
Temperance Brennan presa la sua auto sportiva e spinse l’acceleratore a manetta. Era la prima volta che superava le settanta miglia e non gli importava se rischiava di prendere multe su multe, o peggio, di andare a sbattere. Ma non voleva chiamarlo. Avrebbe dovuto dirglielo guardandolo negli occhi.
Arrivò agli uffici dell’FBI come una furia. Si dimenticò di chiedere il pass ma ci pensarono gli agenti di guardia a richiamarla all’ordine. Si appiattì i capelli prima di precipitarsi nell’ufficio di Booth. Si stupì di tutto quel disordine. Chiese informazioni ad una giovane donna:
“Che sta succedendo?”
“Lei è la dottoressa Brennan?”
“Sì, sono io”
“Credo che abbiano cercato di contattarla” nell’ansia di parlare con Booth, Temperance si era dimenticata il telefonino al laboratorio.
“Che è successo?”
“Il killer ha telefonato all’agente Booth”
“Ecco perché... ”
“Credo che gli abbia fatto sapere che Ian Emmerich è… è andato”
Booth si fece largo tra le persone per parlare con Temperance.
“Booth io... ”
“Perché sei qui? Ti hanno trovato?”
“Booth mi dispiace, ero così felice”
“Felice?”
“Rinfrancata, quanto meno, sì dal fatto che non fosse Ian”
“Il cadavere? Siete riusciti a riconoscerlo?”
“Siamo riusciti a ricostruire una mandibola e da quella risalire al sesso. Era in pessime condizioni come puoi immaginare. Ma il fatto principale è che non è nella maniera più assoluta Ian Emmerich”
In quella intervenne il capitano:“Dottoressa Brennan, questo vuol dire che ci troviamo di fronte ad una nuova vittima del serial killer”
“Sì, proprio così. Si tratta di una donna, tra i trenata cinque e i quaranta”
“Allora sappiamo già chi è visto che negli ultimi giorni nel nostro distretto sono sparite solo due donne e una di loro ha chiamato proprio questa mattina per dire che è in Alaska”
“Ellen Hunter, dovremmo dare la notizia alla famiglia prima che ci pensino i media” esalò rassegnato Booth. Finalmente Temperance riuscì a restare sola con lui. La telefonata fu esposta in maniera dettagliata.
“Booth, credimi, io posso solo immaginare quello che stai provando, ma non abbiamo niente di concreto, per fortuna, per supporre che l’abbia fatto fuori”
“Grazie per quello che stai cercando di fare. Vuoi consolarmi, ma non funziona così. Una testa per pensare nonostante tutto la ho. Cristo, se tu sentissi con quale sufficienza parlava” un’espressione di disgusto sfigurò il bel volto.
“Quello che conta ora è che non abbiamo niente, nemmeno una sola cellula epiteliale di Emmerich. Fino a prova contraria potrebbe non avergli torto nemmeno un capello”
“Stiamo ancora parlando di quello spietato killer che ha triturato una povera madre di famiglia, anzi, rettifico: parecchie madri di famiglia?”
“Booth”
Dopo un lungo squadro carico di tensione, si abbracciarono. Il primo contatto fisico dopo giorni.
“Credi nell’empatia?”
“Vorrei crederci, ora”
“Se ci credi veramente Booth, sai che lui c’è ancora. Che è vivo. Se ci credi veramente forse lo troverai”
“Non avrei mai immaginato di sentirti parlare così” Booth era veramente sorpreso. Gli scappò un sorriso.
“Perché una scienziata razionale come me non crede a queste cose, vero?”
“Non solo, voglio dire: so che non avresti mai augurato del male a Ian, però... arrivare a temere per la sua sorte in questa maniera”
“E ti sei chiesto perché?”
“Probabilmente non ne ho avuto il tempo” sospirò avvicinando il volto a quello di lei “ti va di dirmelo?”
“Vuoi saperlo davvero?”
“Assolutamente, lo devo sapere Bones”.


Al Jeffersonian le ricerche si stavano facendo più scrupolose che mai. La polizia stava avvisando i famigliari di Ellen Hunter che la loro madre non avrebbe più cucinato frittelle a colazione. Come nel disegno del serial killer che uccide le madri per bearsi della loro assenza.
“Ma allora perché prendersela con il povero Ian?” domandò ad alta voce Angela Montenegro.
“Se il suo disegno iniziale è quello di fare fuori madri di famiglia, perché rapire un giovane agente FBI?”
Cam prese a cuore la sua domanda.
“Dalle parole che ha detto a Booth si evince che prova un gran piacere sadico nel sapere il poveretto così straziato”
“Come gode nel pensare ai poveri vedovi e ai loro figli”
“Già”
“Il nostro sexy Profiler sarebbe fiero di noi, Saroyan”
“Credo proprio di sì”
Hodgins irruppe nel dialogo.
“Cosa fa pensare che il nostro serial killer sia rinchiuso in una scuola, anzi, in un vecchio istituto abbandonato?”
“Jack, parla, che hai scoperto?”
“Le particelle di quella sostanza che forma il linoleum che pavimenta, anzi che pavimentava le palestre delle nostre vecchie scuole non si usa più da molto, è stato sostituito con materiali eco compatibili. Ne ho trovate delle tracce nelle unghie di Ellen. Probabilmente deve aver grattato il pavimento. Poiché quel linoleum è fuori mercato dal millenovecentonovantasette, tutto ciò ci porta ad una sola scuola: L’istituto femminile Bernardette, di Brighwood. Non è neanche tanto lontano da qui”
“Dobbiamo subito avvisare l’FBI; e Temperance” il volto di Angela era scarlatto.
“Niente da fare, il suo cellulare è rimasto qui. È tutto il santo giorno che squilla”
“Allora chiamiamo Booth. Sarà più che contento di sapere cosa ha scoperto Hodgins”
“Ci vorrà la squadra d’assalto”
“Sono certa che Temperance vorrà esserci” concluse Angela. Il pensiero della cara amica non l’abbandonava mai”.


Booth e Brennan erano faccia a faccia nell’ufficio dell’agente. Le pupille della donna si dilatarono “Il motivo per il quale vorrei con tutto il cuore che Ian fosse vivo è... chiaro”
“Cosa intendi?”
“Booth è chiaro, è chiaro che se lui è stato ucciso dal killer della centrifuga tu mi resterai distante. Non potrai più guardarmi con gli stessi occhi, niente potrà tornare come prima”
“Se lui fosse vivo... ”
“Chissà... ”
“Posso capire quello che provi ma non è così. Non sono io l’uomo con il quale hai avuto a che fare negli ultimi sette giorni”
“Non penso che tu sia stato cattivo o crudele miei confronti. Ma quello che ho pensato e che penso tutt’ora è che Ian Emmeirch è molto più temibile da morto che da vivo. Posso sembrarti cinica, me ne rendo conto. Non ho mai odiato nessuno al punto di pregare per la sua morte, nemmeno chi ha ucciso mia madre. Figuriamoci lui. Mi era persino simpatico a volte... ”
Tornarono ad abbracciarsi. La donna alzò il volto per guardarlo negli occhi, fece per aprire la bocca ma lui la frenò poggiando due dita morbidamente sulle labbra.
“Non parliamo più di lui, anzi non parliamo più e basta. È arrivato il momento di agire” furono interrotti dal telefono di Booth. Raggelò. Poteva essere di nuovo il killer.
“Pronto” il silenzio la fece da padrona per alcuni secondi per rompersi con una specie di ululato di vittoria.
“Che succede Booth, chi è?”
“I tuoi colleghi sanno dove potrebbe essere il killer. Dobbiamo allertare la squadra speciale”. I minuti a seguire fu una concitata corsa contro il tempo.

1 commento:

Alex G. ha detto...

Capitolo colmo di suspance e colpi di scena. Attendo il seguito per sapere dove il killer ha portato Ian e mi aspetto una bella scena romantica quando finalmente Booth lo ritroverà e i due saranno di nuovo insieme.Continua!!!!!