domenica 8 marzo 2009

Io con un uomo mai, capitolo 10




Capitolo 10


Era indubbiamente una proposta accattivante. E Temperance decise di non pensarci troppo. Perché se ci avesse riflettuto su, avrebbe finito per pensare a Ian, a quello che lo legava a Booth e sarebbe scappata di nuovo. No, quella sera non voleva scappare. Voleva stare tra le sue braccia. Voleva la passione, voleva il sogno. Loro due meritava il sogno, dopo tutto. Meritavano di essere felici.
Booth pagò il conto del bar. Alle undici erano di nuovo a casa sua e, questa volta, nulla si sarebbe frapposto.
Non erano solo due corpi che si amavano, anche le loro anime si stavano amando mentre i vestiti, lentamente, lasciavano intravedere i corpi nudi, i muscoli tesi, il sudore che si mischiava come fosse vento e pioggia. La neve cadeva fuori dalla finestra fresca come la seta mentre il bacino di lei si avvicinava a quello di lui.
Si entrarono dentro. Non solo lei lo stava accogliendo, anche lui, in un certo senso, stava accogliendo lei. E il piacere che dava era solo un’infinitesimale parte di quello che sentiva nel cuore. Quando furono uniti del tutto le labbra si scontrarono creando scintille. Lui mormorò qualcosa che lei non capì. Temperance riusciva solo a percepire le ondate di piacere che si irradiavano su tutto il corpo in una spirale da lasciarla senza fiato. Se avesse proseguito così lentamente, l’avrebbe uccisa di piacere. Erano solo pochi secondi che Booth era in lei e sentiva già nitidamente l’esigenza di arrivare.
“Booth ti prego” sussurrò tra gli ansiti
“Cosa?”
“Muoviti più forte” Booth capì e l’afferrò per i fianchi non ponderando più le spinte. La prese con veemenza fino a farla esplodere in un orgasmo così intenso che la fece gridare. Le unghie si conficcarono sulla pelle. Non era un vero graffio, si stava aggrappando a lui per non volare lontana. Come se il piacere fosse stato un vortice capace di squarciarla. Si sentì come se stesse precipitando da un precipizio. Quando sembrava che tutto stesse per cessare venne di nuovo. Non le era mai accaduto prima. Questa volta artigliò con le gambe alla vita dell’amante e cercò di trattenersi dall’urlare. Ma fu uno sforzo inutile. A quel punto anche lui si lasciò andare.
Una volta che le contrazioni si furono placate, restarono abbracciati languidamente, lui con il viso sui seni, lei con la bocca attaccata ai suoi capelli.
“Io, non avevo... io”
“Lo so, Bones, so tutto”
“Cosa sai esattamente?”
“Niente, in realtà non so niente, mi fa piacere sapere di essere stato all’altezza”
“Non si tratta di essere all’altezza. Tutto questo si chiama alchimia”
“Io ero convinto si chiamasse orgasmo multiplo”
“Non ci riuscivo, e mi dicevo che forse era sopravvalutato. Ma mi sbagliavo. Eccome se mi sbagliavo... ” lei lo guardò negli occhi sorniona. Booth ribaltò le posizioni. Brennan era così leggera sopra di lui, a differenza di… cercò di scacciare Ian dalla sua mente alla svelta. Si stava godendo il post coito più importante di tutta la sua vita, doveva concentrarsi su di lei, mettercela tutta per impedire che il mondo esterno si introducesse.
Booth si allungò la fino a toccarsi i genitali, lei pensò che stesse cercando di accarezzarla, invece voleva togliersi il profilattico.
“Non pensi che siamo stati degli imbecilli a non averlo fatto prima?”
“Non lo so, forse è meglio così” rispose baciandogli il petto
“Capisco che a voi donne piaccia andarci piano, Cristo sono quattro anni! Quattro fottuti anni di sublimazioni, di desideri sopiti. Roba da farti scoppiare il cervello”
“Però non c’è scoppiato il cervello. Siamo sani e felici” Booth convenne con lei. Temperance spostò la bocca lungo il torace. Lui sapeva già come sarebbe andata a finire. Ci lavorò fino a fargli raggiungere l’apice.
Dopo essersi ripreso, Booth sorrise.
“Ti scoccia se ti dico una cosa, Bones?” il suo tono tradiva malizia
“Cosa?”
“Sei negata. Mai ricevuto un lavoro di bocca fatto così male, giuro se non fosse stato il pensiero che eri tu a farmelo non sarei mai riuscito a venire”
“Che bastardo! Ha parlato il re del sesso orale”
“Già, la mia fama mi precede. Se vuoi posso darti un po’ di lezioni”
“Finiscila, tu vorresti dare lezioni a me di sesso orale? E da chi avresti imparato? È stato Emmerich a darti ripetizioni?” Booth si accigliò subito a quel nome.
“Ti prego, non parliamo di lui ora”
“Cosa c’è? Venendo a letto con me senti di averlo tradito?” Temperance si stava di nuovo innervosendo. Di li a poco sarebbe terminata come l’ultima volta che erano finiti a letto insieme, anche il motivo era lo stesso.
“Lo sai che non è per questo. Solo che non voglio che tu faccia illazioni”
“Ma c’è stato qualcosa tra voi. Booth, non mentire, te lo leggo negli occhi”
“Niente di serio”
“E cos’è niente di serio: baci? Carezze? Petting?”
“Bones, accidenti! Finirai mai di preoccuparti di lui? Ti sei già dimenticata di quello che hai detto ieri sera al bar?” lei ci pensò. Ecco, ci sono cascata un’altra volta, si disse. Voleva tornare tra le sue braccia. Si meritavano di essere felici. Ma allora se lui era tanto contento di essere con lei, di aver fatto l’amore con lei, perché leggeva quell’inquietudine nei suoi occhi?
Passarono la notte dormendo abbracciati. La mattina fecero l’amore sotto la doccia. E a colazione risero e si presero in giro come adolescenti scanzonati. Temperance non ricordava di essersi sentita così in sintonia con un uomo in tutta la sua vita. E non era solo un fatto sessuale. Certo, da quel punto di vista facevano scintille ma era anche tutto il resto che le piaceva. Con Booth poteva davvero essere se stessa, lui la conosceva talmente bene. Ogni gesto, ogni parola, ogni piccola cosa, le scaldava il cuore. Sarebbe potuta impazzire di gioia se solo non avesse avuto il raziocino di sempre a sostenerla.
Erano ancora con entrambi i piedi in paradiso quando il telefono di Booth prese vita.
“Booth” rispose, si trattava di una chiamata di lavoro.
“Cosa?” e pochi secondi dopo di nuovo: “Cosa?” Temperance capì subito che era accaduto un fatto estremamente serio. Chiuse la chiamata. Era sconvolto.
“Booth, cosa è successo? Sei pallido come un cadavere”
“Io... Dio... Dio mio, Bones”
“Ti prego, rispondimi. Parker? C’entra tuo figlio”
“No, grazie a Dio no. Ian... ”
“Ian, cosa? Sta male?”
“Non sta... ”
“Booth, cerca di calmarti” Bones si fece scarlatta. Vederlo così in ansia aveva gettato nel panico anche lei.
“Ian è sparito”
“Sparito? Come sparito, era ricoverato. I ricoverati non spariscono”
“Giusto Bones, è quello che dico pure io”
“A cosa stai pensando? Dio mio no, non starai pensando che c’entri il killer?”
A quel pensiero l’agente si sentì mancare. Dovette sorreggersi sul tavolino per non cadere. Per non svenire come era accaduto ad Emmerich il giorno prima.
“Oddio, ma tu stai male”
“No, Bones, non può essere questo, non può essere questo”.
Si mise le mani nei capelli. Gli occhi gli si riempirono di lacrime. Non voleva farsi vedere da lei in quello stato, ma la sola idea dell’amico tra le grinfie di quel macellaio tremendo gli faceva mancare il respiro. No, non poteva nemmeno pensare ad una cosa del genere. Ian non avrebbe fatto la fine del capitano Osbron. Poiché lui ne sarebbe morto di dolore, ne era certo.
Entrambi si precipitarono al Policlinico. Quello che appresero non lasciava spazio all’ottimismo. Il personale medico che aveva denunciato la scomparsa, aveva fatto sapere che il paziente non se n’era andato di sua spontanea volontà, come aveva sperato con tutto il cuore Booth, ma era stato quasi sicuramente trascinato via con la forza. C’erano tracce di sangue che facevano pensare ad una colluttazione, e sulla flebo del paziente c’erano resti di plasma sospetto. Molto probabilmente era stata manomessa con la forza.
“Dio mio, non può essere!” esalò Booth preso dallo sconforto. Tempernce le fu accanto. Lo prese per un braccio cercando di essere il più possibile cauta con lui.
“Perché pensare subito al killer. Non è detto, magari Emmerich ha dei nemici, qualcuno che ha approfittato della situazione per fargli del male”
“L’ha perso nel momento di massima debolezza. Quando era sedato e disarmato, non ci sarebbe mai riuscito se fosse stato in forze, non con uno come lui”
“Sì, questo è vero. Ma non ci dimentichiamo che all’assassino interessano le donne incinte o, in ogni caso madri. Che se ne fa di un atleta alto un metro e novanta?”
“E che se ne faceva di Osbron?”
“Booth ti prego, prova ad essere razionale” gli occhi dell’uomo tornarono a riempirsi di lacrime,
“Bones, non ci riesco, se penso che gli è successo qualcosa di brutto io... mi sembra di essere in un incubo” Temperance raggelò. Ci tiene fino a questo punto? Non se ne capacitava. Era lecito aspettarsi una reazione inquieta per le sorti di un collega, ma non così. E lei non sarebbe uscita di testa se ci fosse il dubbio che un killer sanguinario avesse rapito Angela? Forse doveva cominciare ad essere ottimista e vederla da quel punto di vista. Booth voleva bene al suo amico, era in ansia per lui. Ma avevano passato la loro prima notte d’amore, era stato tutto così perfetto. No, doveva impedire ai fantasmi di averla vinta. Booth era suo, suo e non di Emmerich. Ma a corroborare i suoi dubbi ci pensò l’agente: lei fece per abbracciarlo e lui si scansò. Restò di sasso.
“Volevo solo provare a consolarti”
“Non voglio essere consolato, voglio trovare Ian. Voglio solo questo” si asciugò le lacrime e ripeté: “Voglio trovarlo e riportarlo a casa”
Bones annuì, lo guardò intensamente, accarezzò la testa passando le dita tra i capelli, ed esalò:
“Lo troveremo tesoro, lo troveremo te lo prometto".

Nessun commento: