lunedì 16 febbraio 2009

Io con un uomo mai capitolo 5


Capitolo 5


“Ma non mi dire… ” Ian non riusciva a credere ai suoi occhi! Il linguaggio del corpo, che lui comprendeva anche meglio di quello verbale, gli rivelava tutto! Booth era lì, consenziente, sembrava un vassoio di frutta sul tavolo di un rinfresco, poco prima di essere depredato. Se avesse avuto un cartello appiccicato al petto con scritto sopra -OPEN- e non sarebbe stato più palese.
“Che cosa… cosa stai facendo?” esalò l’agente quando la mano di Emmerich gli sfiorò la gamba
“Stai tranquillo. Non farò niente che non vuoi pure tu” e così dicendo voltò la mascella in direzione delle sue labbra. Per una frazione di secondo l’altro riuscì a sfuggire. Lo guardò pieno d’ira.
“TU, tu… tu” l’altro rideva tenendosi la pancia, “tu volevi, tu hai tentato di… baciarmi!”
“Finiscila, non facevo sul serio”
“Certo che facevi sul serio… se non mi fossi spostato”
“Non ci ho provato davvero”
“Invece sì”
“Invece no” con una mossa felina Ian fu di nuovo con il viso a due centimetri dal suo, “perché se lo volessi sul serio…” e lo baciò.
Booth restò allibito. Era come se gli avessero iniettato una sostanza che bloccava i muscoli. Fu un po’ come il primo bacio. Aveva di nuovo tredici anni e le labbra di Patricia Reginald incontravano le sue. Scosse elettriche, brividi e nuove sensazioni. Tutte cose che non avrebbe mai più dimenticato.
Quando trovò un filino di raziocinio riuscì a staccarsi. Era incazzato nero.
“Lo sai che stai rischiando la vita?”
“Vuoi una citazione cinematografica? Il pericolo è il mio mestiere”
“Non… no, ci posso credere”
“Lo hai voluto pure tu”
“No, non è vero”
“So leggere il linguaggio del corpo meglio di chiunque altro. E il tuo corpo lo gridava che volevi essere baciato” . L’agente Seeley Booth era ad un passo così dal perdere la testa. E, colpito nel suo -io- profondo, reagì scaraventandosi addosso a lui. Ne nacque uno scontro in piena regola. Rotolarono sul tappeto. Ian picchiò la testa contro la gamba del tavolino, nonostante questo non si lamentò, ma l’urto provocò un bel rumore.
“Ti sei fatto male?” chiese Booth premuroso. Era sopra di lui e non riusciva a capacitarci di ciò che provava. Se stava così per via del fiato corto, per il corpo attaccato il suo, per quegli occhi azzurri che lo fissavano intensamente, non lo sapeva. Erano troppe quelle emozioni, troppe e tutte insieme.
“Se era una scusa per saltarmi addosso potevi fare anche meno casino. E poi Parker potrebbe svegliarsi”
Booth era interdetto. Non ricordava nemmeno di avergli fatto sapere il nome di suo figlio. Che razza di memoria aveva, e soprattutto, come riuscire a staccarsi da lui? Tirando fuori una forza inaspettata, Emmerich ribaltò le posizioni. Una volta sotto, a Seeley non rimase che sospirare sconfortato.
“Mi arrendo”
“Che significa -mi arrendo-?”
“Non lo so” era turbato. Anche Ian era turbato nel vederlo in quello stato. Ma la voglia di ritrovare le labbra imbronciate, fu più forte di qualsiasi reticenza. Fanculo la razionalità.
Lo baciò di nuovo. Dopo qualche minuto si staccarono. Il Profiler si tolse andandosi a sdraiare accanto a lui. Furono spalla contro spalla. Il respiro dei due uomini fu l’unico suono in tutta la casa. In lontananza, poteva udirsi una sirena della polizia, sembrava provenisse da un altro emisfero. Booth tornò a sedere. Si girò per osservarlo. Lesse nella sua espressione un’emozione indefinita e fu come se lo guardasse per la prima volta. I modi audaci e spicci erano finiti nella pattumiera. Ian era un fascio di emozioni. Cosa era successo? Il suo disagio era dovuto alla conquista? Aveva ottenuto le labbra più ambite di tutta la sua vita di conquistatore, di predatore, come lo aveva definito Bones, aveva scalato il suo Himalaya. La bandiera americana era stata conficcata in terra lunare per la prima volta. Era solo tronfio del successo o c’era dell’altro? Vedendolo così emotivamente sconvolto, Booth si domandò se non gli sarebbe piaciuto baciarlo di nuovo. Era stato bello baciarlo. Importava davvero se l’indomani sarebbe stato uno schifo? Se i dubbi lo avrebbero assalito di nuovo portandolo ad un passo dal baratro? Voleva capire sì, ma voleva soprattutto vivere.
Alla fine di una stasi che sembrò non finire mai, Ian Emmerich si alzò. Cercò la sua giacca con gli occhi. Quando l’ebbe trovata la indossò. Tornò di nuovo vicino al collega ancora seduto sul pavimento apparentemente intento a riflettere.
“Vuoi una mano?” domandò. L’altro non capì subito a cosa alludesse. Alzò lo sguardo e vide il braccio teso verso di lui. L’afferrò saldamente e si tirò su. Era forte Ian Emmerich, una forza che non era fatta solo di muscoli. E quel gesto rivelava molto.
“Ci vediamo domani?” disse voltandosi. Era già con un piede fuori dalla porta.
“Si capisce”
“Notte, stallone”
“Notte”. E fu tutto come se il mondo non fosse stato distrutto da una collisione fatale con un asteroide.
Una volta fuori dall’ascensore, l’agente speciale Ian Emmerich, dimentico del suo ruolo e dei suoi trent’ anni suonati, urlò come un quarterback dopo un touch down: “SI, SI, SI, SIIIIIIIII”. Una giovane coppia di colore che stava uscendo da una berlina tedesca lo squadrò sconcertata. Non temendo di sembrare completamente fuori di testa iniziò a cantare: Well, I'm a lucky man
With fire in my hands.
E saltellando e canticchiando, raggiunse la sua auto.


Seeley Booth non aveva assolutamente voglia di cantare. Aveva diversi bisogni, tanto per cominciare togliersi la camicia, umida di sudore in maniera oscena. Si infilò in bagno. Si guardò allo specchio sconcertato.
Ho baciato un uomo
Ho baciato un uomo
Ho baciato un uomo
Non ci posso credere...

Era successo, il grande tabù o meglio, uno dei grandi tabù era stato infranto.
Bello mio, sei nei guai fino al collo! Ora ti rimane solo di farti dare lezione di pompini da una squillo ed esercitarti con un ghiacciolo. Ma i ghiaccioli sono freddi ed insipidi, mentre era assai auspicabile che Emmerich fosse caldo e saporito… restò costernato di fronte all’immagine che gli apparve davanti. Non poteva trovare un colpevole di quella situazione. Era una guerra persa.


Temperance tamburellò con le dita accanto al mouse. Malgrado cercasse a tutti i costi di pensare solo al lavoro, la sua anima di donna era spaccata in due. Più passavano le ore e più si sentiva in colpa. Aveva sprecato la sua possibilità con Booth. Doveva chiamarlo e scusarsi. Aveva sciupato l’occasione di essere felice con lui per un possibile abbaglio, o, in ogni modo, con un fantasma con il quale avrebbe potuto combattere ad armi pari. Che aveva in più di lei quel Ian Emmerich? Nulla di nulla, si disse. Fascino e ambiguità possono essere attraenti almeno all’inizio ma alla lunga stancano, considerò. Non ci aveva pensato. Sì, Booth era attratto da lui, ma di certo non ci sarebbe andato a letto, di quello ne era certa. Doveva solo aspettare che fosse terminato il suo mandato. Motivo in più per occuparsi del killer della centrifuga invece di pensare all’amore. L’amore. Quante volte si era sentita così spiazzata davanti ad un uomo? Non riusciva nemmeno a ricordare da quando non pensava seriamente ad una relazione. Aveva osteggiato gli spettri di una sempre crescente attrazione per il collega con tutte le sue forze. Fiera soldato Jane che non teme le debolezze di nessun tipo. Per poi fallire al primo appuntamento crollando ai suoi piedi. L’elemento esterno. Ecco qual’era la soluzione! L’elemento esterno era stato essenziale per far scattare la molla a Booth. Emmerich era l’elemento esterno. Ad un tratto un sussulto la fece vibrare. E se la morte del capitano Osbron fosse legata ad un elemento esterno? Si toccò la fronte. Nel giro di qualche minuto era già per la strada.
Quando Booth sentì vibrare il telefonino ebbe una mezza sincope. Pensò immediatamente a Emmerich. Niente da fare, era Bones.
“Che è successo? Cristo sono quasi le due di notte”
“Ho capito. Forse ho capito perché ha ucciso Osbron”
“Stai scherzando?”
“Un elemento esterno. Qualcuno che disturba il suo disegno iniziale!”
“Già Bones, si chiamano indagini”
“No, pensaci Booth, quando mai un serial killer del genere si preoccupa di centrifugare le ossa di un capitano di polizia? Almeno non uno con la propensione alle madri di famiglia” l’agente ci pensò. Era sensato. Prima di mettere giù, Booth si ricordò di Parker, non poteva recarsi all’appuntamento che Bones gli aveva proposto pochi secondi prima. Inevitabile fu proporle di salire da lui.
Quando giunse in piena notte a casa sua, la donna era fradicia dalla testa ai piedi.
“Ha iniziato a piovere all’improvviso, non avevo un ombrello”
“Si capisce” erano entrambi imbarazzati. Booth con il sapore di Emmerich ancora sulle labbra. Lei con il fuoco mai sopito che la spingeva nella sua direzione.
“Mi dispiace essere piombata così in casa tua. Ma sono davvero convinta di quello che dico”
“Togliti questa roba bagnata” così dicendo le sfilò il soprabito. Inavvertitamente si ritrovarono abbracciati.
“Booth… che fai?”
“No, scusa. Volevo solo… ti prenderai un bel raffreddore se non ti spogli”
“Me ne rendo conto” Temperance accettò un suo pigiama. Dopo essersi asciugata in bagno, uscì con quel buffo abbigliamento.
“Ti sta grande all’inverosimile”
“Perché porti roba tanto brutta per dormire?” domandò riferendosi ai buffi coniglietti stampati sul pigiamone di flanella.
“Mia madre…”
“Ok, non dire altro” annuì prendendo posto accanto a lui sul divano. Booth non resistette alla tentazione di essere galante.
“Il pigiama è brutto da far spavento, lo stesso non si può dire della creatura che ci sta dentro” tossicchiò, “sei stupenda Bones”
“Non è il caso che tu dica questo”
“Non volevo offenderti, scusa”. Dopo qualche secondo di imbarazzo Bones tirò fuori dal portatile tutti gli appunti sul caso. Dibatterono fino alle sei del mattino. A quel punto avevano entrambi troppo sonno. “Dormiamo un po’ o facciamo colazione?” chiese Booth. Si girò e scoprì che si era addormentata circondata dai fascicoli. Booth fu assalito da un senso di tenerezza assoluto. Avrebbe voluto baciarle i capelli, le palpebre chiuse, le mani da bambina. La prese in braccio e cambiò il suo giaciglio. Il divano fu sostituito dal letto matrimoniale. “Sei bellissima” le sussurrò accarezzandole i capelli. Lei emise un gemito sommesso prima di ripiombare nel sonno.

2 commenti:

Alex G. ha detto...

Stupendo il pezzo del bacio! la reazione di Booth poi è stata mitica e Ian che esulta appena uscito da casa di Booth.Continuala al più presto e spero di vedere presto una scena hot e piena di sensualità.

Unknown ha detto...

Sì, anch'io lo spero, prima o poi mi deciderò, all'inizio la paura di andare out the caracher ora invece esagero nel senso contraio, ahahah