domenica 22 febbraio 2009

Un padre e un padre 4


Sensualità


“Se non ci fossero i bambini... giuro che ti spoglierei completamente, e spoglierei me stesso. Ti terrei stretto a me, così vicino, fino a lasciare che i nostri corpi si fondino”
“No, no Robert. Non va bene. Che stiamo facendo? Non è giusto, tu, io... tu ed io... ”
“Perché? Provo dei sentimenti per te, Julian. Mi piaci, mi piaci tanto, tantissimo. Voglio amarti, voglio farti sentire quanto ti amo. Sei il protagonista dei miei sogni ogni notte, oramai. Ti desidero da impazzire! Sono un peccatore? Forse. Il vostro Dio mi ha tolto l’unico amore della vita, la madre dei miei figli, potrà chiudere un occhio se ora mi prendo te, no?”
“Non bestemmiare”
“Anche tu lo vuoi. Mi desideri tantissimo, forse quanto ti desidero io.”
“Si è vero, non lo nego. Ma è sbagliato, io sono un prete. E tu un padre di famiglia.”
“Tutto vero, tu sei un prete ma sei pure un uomo che vuole amare ed essere amato, questo non puoi negarlo. E io sono qui per questo. Per amarti, per darti piacere e per riceverne da te. Non saremo due stinchi di santo, va bene. Verrà la polizia a prenderci? Io penso di no, se stiamo attenti a non farci beccare, Dio capirà. Ci perdonerà, vedrai” si abbassò per baciare il pomo d’Adamo tremante.
“Continui a bestemmiare, a farti beffa della parola del Signore”. Julian continuava a parlare nonostante le ondate di piacere gli offuscassero la ragione.
“Non credo che Gesù o Dio abbiano davvero detto mai che a due uomini non è permesso amarsi. Questo l’hanno scritto dei perfetti peccatori come noi”.
“Forse hai ragione, ma dimentichi che io non sono un uomo, sono un prete! Ho dei doveri etici e morali che intendo rispettare.”
“Anche se in questo momento state vibrando dal desiderio?”
Robert gli accarezzò i capelli biondi che gli incorniciavano il viso perfetto,
“lo sento quanto mi vuoi, e per me è lo stesso. Passerei la notte con te. Ecco l’ho detto. Ad accarezzarti, baciarti, spogliarti... non solo per godere della tua meravigliosa nudità ma per toglierti la veste. Quella corazza che ti tieni stretta. E finalmente vedere che c’è sotto”.
“Robert tu tu... che indecenza!”
“Sì, lo so. Voglio commettere atti impuri e corrompere un prete. Sono o non sono il più grande peccatore del mondo? L’unica cosa che mi frena dal non farlo sono le creature che dormono dall’altra parte della stanza e la devozione a Denise”.
“Appunto! Per quanto sia vero che ti desidero Robert, non dobbiamo. Siamo fatti di carne e sangue, è vero. Ma non siamo animali, abbiamo la coscienza. Non dobbiamo cedere alla voluttuosità. Sarebbe un errore enorme.”
“Come no. Quant’è vero che in questo momento non sei eccitato da morire,”
“Appunto! Ma il desiderio se non si può scacciare si può, almeno, trattenere.” tossicchiò, “quello che sto cercando di dirvi, amico mio, che possiamo trasformare 'questa cosa' questa energia in qualcosa di buono.”
“Sarebbe a dire?”
“Amicizia.”
“Ma noi siamo già amici.”
“Non lo eravamo davvero, intendo dire: io non ti ho mai aperto il mio cuore, e mi rendo conto di aver sbagliato a non averlo fatto prima. Ora so che avrei dovuto essere sincero con te, dirti tutto. Ti amo, certo, ti amo come amico, come compagno se preferite questo termine.”
“E il mio corpo? Ami anche quello?” Julian lo fissò intensamente.
Come negarlo? Ogni sua cellula lo bramava
“Chiaramente mi piace il tuo corpo, la tua anima. Mi piace tutto di te Robert, mi piaci come persona, come uomo. Tutto! È proprio quello che sto cercando di spiegarti. Possiamo essere felici senza rovinarci la vita.”
“Non capisco” il piglio di Pange si fece serio. Abbassò la testa pensieroso. Julian gli accarezzò teneramente i capelli.
“Mio caro, voglio il tuo amore, non lo nego. Non so bene come ma possiamo davvero riuscirci, intendo dire: riuscire ad essere felici senza svilirci, mi aiuterai?”.
“Qualsiasi cosa, Julian, qualsiasi. Ma non voglio perderti.”
“Non succederà, ti sto chiedendo di essermi più vicino di quanto o mai chiesto ad un altro essere, ed è stupendo perché non l’avrei mai creduto possibile. Invece... ho te”.
Dopo essersi fissati per qualche secondo, tornarono ad abbracciarsi. Le mani accarezzarono la schiena reciprocamente. La stessa schiena ampia e muscolosa che Julian aveva disperatamente desiderato nello spogliatoio. Ora poteva accarezzarla a suo piacimento. Non c’era nulla, all’apparenza, che Robert non avrebbe lasciato fare a padre Julian. Le labbra si cercarono febbrilmente. Le bocche si schiusero l’una sull’altra.
Sembrarono fondersi come il tè e l’acqua.
Come lo zucchero e la farina.
Come la pioggia e la terra.
Robert si mosse con urgenza, malgrado i buoni propositi, i corpi erano ad un passo dal piacere estremo. Julian lo sentì gemere sul suo orecchio. Lasciò che catturasse le natiche nelle mani per avvicinarlo a sé. “Ecco” sibilò l’uomo lasciandosi completamente travolgere dalle ondate. Restò confusamente tra le gambe di Julian fin quando le contrazioni non furono cessate. Julian era incredulo.
Era successo per davvero?
“Devo cambiarmi” fece sapere. Ma Julian continuava a stringerlo a sé, come se non avesse alcuna intenzione di lasciarlo andare.
“Aspetta” e proprio in quell’istante, quando Julian lo stava lasciando, Gina fece irruzione nella stanza.
“Ma che vi fate le coccole, o state lottando?”




Legato


Gina continuava a fissarli. Era un’indecenza bella e buona essersi lasciati andare con i bambini a pochi passi da loro, pensò Julian. Ed era una vera fortuna che fosse stata la più piccola, e anche la più innocente, a sorprenderli o quasi.
“Stavamo prendendo il tè” rispose gutturale suo padre.
“E non rischiate di scottarvi la lingua così stretti stretti?” la sua purezza li disarmò facendoli sentire ancora più sporchi.
“Tesoro, perché sei sveglia? È tardissimo”.
“Ho sete e devo fare la pipì”.
“Te lo dico sempre di farla prima…” Julian si alzò cercando di far sembrare il gesto più naturale possibile fallendo miseramente. Era così imbarazzato da poter sentire le guance ardere come quando si sta per troppo tempo vicini al fuoco.
“Io andrei” fece sapere il prelato.
“Ci si vede domani” replicò Pange. Lo accompagnò alla porta. Prima di lasciarlo andare non poté trattenersi dall’accarezzargli la guancia sulla quale apparivano nitidi i primi punzoni di barba. Anche Julian avrebbe voluto accarezzarlo. E anche di più… ma guardò la sua bici e la strada buia che avrebbe dovuto condurlo verso casa. Sospirò. Era talmente freddo che temette di non riuscire a muovere le gambe. E quando giunse dinanzi alla chiesa, era talmente fradicio di neve da non sentirsi più gli arti.
Felicità e paura, due sentimenti tanto distanti ma quanto mai vicini in quel momento, cospirarono contro il sonno di Padre Julian. Per quanto cercasse di dormire il ricordo dei momenti tremendi (tremendamente belli) passati con il boscaiolo tornavano prepotentemente a farla da padrona. Se la piccola Gina non fosse entrata… dove saremmo arrivati? Peccatori, senza scusate. No, non posso tormentare quell’uomo, io… io ho dato l’estrema unzione a sua moglie, e ora mi faccio baciare da lui? Era inaudito. Stavamo bene insieme, si volevano bene. Julian era riuscito a fargli tornare il sorriso. Queste erano tutte le cose buone che non sarebbero dovute andare perse. Ma per il resto, i baci, lo strofinamento dei corpi, il piacere… Quelle impudiche, demoniache, scellerate azioni, andavano cancellate e alla svelta. Julian s’impose di non pensarci più, ma per quanto ci mettesse tutto se stesso, il calore, l’odore, il sapore dell’uomo tornavano a fare i loro comodi facendo avvicinare il suo corpo alla perdizione. Odiandosi per quello che era costretto a fare, si legò i polsi tra loro alla spalliera del letto aiutandosi con i denti. Ma, nonostante questo, col giungere dell’alba, una chiazza umida troneggiava nel punto centrale del letto.


Quella mattina, durante la colazione, Padre Donald notò i segni sui polsi.
“Che avete fatto, prete? Avete i polsi completamente lividi”.
“Non serva che ve lo spieghi, ho combattuto contro i demoni, stanotte.”
“Non ci posso credere. Approvate metodi tanto barbari? Ma dico io, siamo nel medioevo?”
No, Julian non voleva affrontare l’argomento, non dopo quello che era successo con Robert, non con Padre Donald. Ma una spiegazione al collega, la doveva.
“Basta così, Padre Donald, ho motivo di credere che voi non possiate capire certe cose. E non voglio discussioni in proposito”:
“Capisco che vi sentiate minacciato. Ma a vent’otto anni è più che normale avere gli ormoni in subbuglio. La castità è un dovere che vi sta a cuore. Ma anche la salute mentale e fisica dovrebbe essere tra le nostre priorità, non credete?”.
“Fumate, e non mi risulta, almeno secondo recenti studi, essere una buona abitudine. E bevete, questo anche non fa bene alla salute. E dunque non fatemi la morale”.
“Dio ci ha fatto le mani per usarle. Non per legarci quando…”
“Insomma basta” urlò in un falsetto che non gli apparteneva. La perpetua giunse dalla cucina per capire il perché quella che sembrava una discussione ordinaria, stesse prendendo una piega tutt’altro che civile.
Ritrovato un po’ di raziocinio, Padre Julian uscì dal refettorio. Andò nella sua camera a cambiarsi. Ufficiò la messa. Chiacchierò con dei parrocchiani. Fece una passeggiatina. Nel pomeriggio spalò la neve che occludeva il passaggio verso la parrocchia di fronte all’entrata. Fece ogni azione in maniera convulsa. Voleva dimenticare, ritrovare padronanza di sé. Ma prima che il sole fosse tramontato del tutto, la figura massiccia di Pange si delineò tra il chiaro e scuro dell’imbrunire. Il cielo rosso bordò si riversava con tutta la sua audacia sopra i due peccatori.
“Eccomi qui” esordì timidamente l’uomo. Sembrava un giovinetto al suo primo approccio.
“Perché non… voglio dire” Julian s’impappinò. L’emozione che gli procurava Robert era paragonabile allo stordimento di una droga. La testa gli girava un po’ come quando si è un tantino brilli.
“Perché non sono venuto a messa? Scusami ma ho lavorato tutto il santo giorno e poi c’è stato l’allenamento… ”
“Già… e non sono venuto”.
“Perché?”
“Ho avuto da fare” era una bugia più che palese. E Robert se ne accorse.
“Mi raccomando, venite domani. È l’ultimo allenamento prima della partita. Pur titubante e guardandosi costantemente le punte delle scarpe, Julian annuì



La partita di beneficenza


Un cielo plumbeo gravava sulle teste degli spettatori. In lontananza, i tuoni preannunciavano bufera.
Nonostante il freddo, sugli spalti c’era quasi tutta Denton, almeno la parte cattolica. Alcune donne si tenevano le gambe al caldo sotto una coperta, curiose di vedere i ventidue contendenti e, soprattutto, com’era carino Padre Julian con la divisa da calciatore, e, tra le righe, senza il vestito scuro con il quale officiava la messa. Alle dodici in punto, come da programma, entrarono in campo. La pioggerellina iniziò a picchettare fastidiosa. Gina gridò: “Forza papà” e anche gli altri bambini scalpitarono. Per quel giorno era concesso di scatenarsi un po’. Mancava così poco al Natale, e la scuola era chiusa. Il maestro non li avrebbe messi dietro la lavagna. I ragazzi della prima comunione incitarono i loro catechisti, Julian e Donald.
“E’ davvero uno splendido mortale, Padre Julian vestito così” confidò Brenda Cornerland alla sua vicina di posto.
“O mio Dio, dovreste vergognarvi per i pensieri sconci che avete formulato” la donna rispose con una risata divertita. La perpetua, poco distante da loro, non aveva sentito, ma aveva intuito che l’interesse primario delle tifose fosse Padre Julian e sorrise tra sé. Anche lei, nonostante l’età, lo trovava decisamente attraente.
I primi scambi di palla furono timidi, poi, man mano cominciavano a prenderci gusto, quelli della fazione avversaria presero il sopravvento. Julian, che ce la stava mettendo tutta nonostante la struttura fragile o forse per merito di essa, si liberò scaltramente di due avversari e s’involò in contropiede verso l’aria di rigore avversa. Un omaccione barbuto lo stese facendolo carambolare più volte. Con estrema enfasi fu redarguito sia dall’arbitro, il figlio del bottegaio Parrinton, sia dall’arrabbiatissimo capitano Pange.
“Stai bene?” chiese a Julian tendendogli la mano. Il prete l'afferrò grato.
“Sì, sono ancora tutto intero per fortuna” rispose sorridendo.
I due parlottarono prima del calcio di punizione. Il pallone carambolò tra le numerose teste. Clyaton saltò più in alto di tutti e fece goal. Uno a zero per la Saint Luis. Tutti gli furono intorno per congratularsi. A quel punto la partita si trasformò in battaglia. Iniziò a piovere sul serio e gli atleti ad azzuffarsi a centro area. Il sudore si mischiò al fango e, a metà circa del secondo tempo, l’arbitro, coadiuvato dai due guardalinee, decise che bastava così. Anche per non perdere tutti gli spettatori rimasti.
Mentre uscivano dal rettangolo di gioco, Robert circondò con un braccio Padre Julian.
“Bravissimo” gli sussurrò avvicinando la bocca al suo orecchio.
“Sono distrutto” rispose.
“Una bella doccia calda e tornerai come prima”.
“Sempre se c’è l’acqua calda” Padre Donald, poco dietro, non poté fare a meno di notare il gesto confidenziale. Li osservò anche nello spogliatoio. Dimentichi della presenza degli altri, Robert e Julian continuavano a civettare scherzando spesso e guardandosi fitto negli occhi.
Dopo la partita i giocatori si ritrovarono tutti al pub per mangiare, e bere birra in quantità, naturalmente. Dopo il terzo boccale, Donald fu accanto al suo collega: “Bene bene, te e il boscaiolo fate passi da gigante”.
Julian tossì stizzito “Siete arrivato all’ebbrezza e volete concedermi qualche nuova perla?”
“Niente da ridire, anzi. Penso proprio che se c’è qualcuno che può toglierti quell’aria saccente da creatura al di sopra di tutto, mi riferisco alle bassezze di noi poveri umani, è proprio Pange. Certe braccia scaldano meglio di trenta coperte, né vero?”.
“Voi e le vostre scempiaggini... ”
“No, sul serio. Mi piace su di te quello sguardo innamorato. Vi rende così... fammi trovare le parole giuste, così umano. Mi conferma quello che ho sempre pensato di te”.
“Non intendo continuare ad ascoltarvi”.
“Ho sempre pensato che non siete affatto un algido ragazzo del nord. No, avete un cuore, un cuoricino caldo pronto a esplodere”.
“Hai finito?”
“E non solo il cuore. Anche tutto il resto, soprattutto quello. Intendo dire: lo accogliete dentro di voi? Non il contrario, mi parrebbe strano se grande e grosso com’è lo spacca legna... “.
“Basta così” turbato e infastidito (e parecchio eccitato) Julian si allontanò da lui. Era davvero tutto così lampante? Era bastato lasciarsi andare quel tanto da dare adito a tutti... no, santo cielo, solo a quell’ubriacone di Padre Donald potevano saltare in testa simili sciocchezze, si disse. Lui e Pange erano ancora casti, dopo tutto. Si desideravano da impazzire, ma era fuori luogo, del tutto fuori luogo, considerare quella possibilità. Solo un uomo rozzo poteva concepire certe lascivie. Sebbene queste considerazioni sagge, Julian non riusciva a smettere di pensare al corpo bronzeo e bellissimo dell’amico. Ne era quasi ossessionato. Quella carne compatta, quella peluria bruna ben distribuita. Il sesso baldanzoso, quasi aggressivo. Senza rendersene conto, Julian aveva fissato la parte che nel medioevo, proprio a causa di Santa Romana Chiesa, gli artisti erano costretti a celare dietro foglie di fico. Fortunatamente Padre Donald non aveva fatto accenno a quello.

2 commenti:

Silvia Azzaroli ha detto...

La situazione si fa sempre più incandescente, nonostante i buoni proposito di entrambi, sia Julian che Robert non vedono l'ora e ammetto che le battute di Donald mi fanno sempre più ridere!
Cederanno?
Non cederanno?
I loro pensieri sono in lotta tra di loro, anzi è soprattutto Julian che è in lotta con se stesso: Robert ha fatto chiaramente capire che bastarebbe una parola dell'amico e darebbe in là.
Il loro dialogo iniziale è stato così sensuale ed avvolgente ^_^...
Certo che Julian legarsi le mani al letto, proprio roba da medioevo, ma capisco che gli insegnamenti erano quelli =_=

Unknown ha detto...

Sì, le battute di Donald sono pesanti ma quanto mai vere! Grazie per le tue belle parole *__*