lunedì 14 settembre 2009

Ongi singolo respiro, capitolo 14






Temperance gli aveva chiesto, senza mezzi termini di parlare di lui e Emmerich. Del sentimento che Booth non negava di provare per il recluso. E dopo un silenzio che di solito preannunciava battaglia, Booth rispose: “È un periodo durissimo per me... e vederlo in quel letto ridotto il quel modo mi ha fatto male. Ma ho bisogno di te se voglio superare tutto questo” le rivelò accarezzandole la guancia.
“Lo sai che io non credo nella sua innocenza, e tu mi riempi d’attenzioni e d’amore nonostante sia tra quelli che lo hanno inchiodato. Sono confusa.”
“Non lo hai inchiodato tu, sono state le prove.”
“Allora perché pensi che sia innocente?”
“Perché lo conosco, Bones. Dopo averci riflettuto sopra, sono certo che non sarebbe mai in grado di fare le cose di cui è accusato.”
“Ci sono mille cose che sarebbe capace di fare quell’uomo che non ti saltano per la testa. A parte quelle che ha fatto a te che non le voglio sapere.”
“Finiscila.”
“Sì, la finisco anche perché non voglio rovinare questa atmosfera. In ogni caso ti ricordo che ti ha nascosto di avere un amico come Kelly.”
“Non mi ha detto un mucchio di altre cose, ma Ian non è il tipo che ama spiattellare tutto.”
“Già, lui punta molto sul fattore mistero.”
“Bones, basta ti prego” lei seguì il suo sguardo. Per qualche attimo regnò il silenzio. Poi entrambi furono sopraffatti da nuove emozioni. Ormonali e carnali per quanto concerneva la donna. Più razionali per quanto riguardava Booth. Aveva bisogno di lei, ma quello di cui aveva principalmente bisogno era ritrovare il proprio equilibrio. Rivedere Ian, soprattutto ridotto in quel modo, l’aveva scosso parecchio. E ora, lei lo guardava con desiderio. Ma non stavano litigando?
“Bones, che fai?” chiese quando si accostò così tanto, così troppo.
“Cerco le tue labbra, non si capisce?” e le trovò.
Con la bocca occupata a baciarsi, scivolarono fino alla camera da letto.
“Che stiamo facendo, Bones?”
“Stiamo dando libero sfogo ai feromoni” rispose tra uno schiocco e l’altro.
“È sano? Non dovremmo dar retta al cervello?”
“Per le donne, l'intero processo sessuale inizia nel cervello, che in poche parole è l'organo sessuale più importante...”
Maglietta di Booth gettata in terra...
“L'ipotalamo secerne gli ormoni in risposta a questi stimoli. Mentre il sistema nervoso trasmette gli impulsi alla zona pelvica rendendola più sensibile e inducendo le ghiandole surrenali a secernere l'adrenalina, che fa aumentare il battito cardiaco e la respirazione al fine di assumere più ossigeno...”
Jeans slacciati.
“Dando così il via alla produzione di ormoni sessuali. Il cervello libera le endorfine al fine di ottenere il...”
“Stai parlando troppo” fu interrotta dalla voce calda e virile. A quel punto era completamente nudo.
“Piacere... ottenere il piacere, sì” concluse con voce affannata guardandolo con desiderio. Poi fu lui a prenderla come ogni donna vorrebbe voluto essere presa almeno una volta nella vita. Brutalmente e dolcemente. In un attimo l’abbrancò facendola salire sul suo corpo. Prontamente lei artigliò con le gambe la vita gemendo un po’. Si ritrovò riversa sul letto. Le sue mutandine finirono oltre i piccoli piedi.
“Fai in fretta, ti prego” implorò. Non era sua abitudine implorare, anche se sessualmente era assolutamente eccitante e per niente indecoroso. E Booth non aveva nessun motivo per aspettare. Per non accontentarla. E l’accontentò a lungo. Tra un orgasmo e l’altro, per almeno due ore.


Solitamente era Wendy a ragguagliare il suo assistito, Ian Emmerich, detenuto in attesa di giudizio, sul quale pendevano accuse tra le più infamanti.
Solitamente.
La mattina seguente alla dimissione dalla clinica però fu la stessa Carol Miller a raggiungere il carcere federale per parlare con il recluso.
Il processo sarebbe iniziato a giorni. Si preparava una battaglia giudiziaria ostica anche perché, c’era da aspettarselo, Booth avrebbe fatto di tutto per dimostrare l’estraneità ai fatti del suo pupillo in difficoltà. Proprio quello che temeva Carol.
Vestita firmata dalla testa ai piedi, camminò verso la stanza dei colloqui come se attraversasse la passerella di una sfilata. Furono in molti a lasciare gli occhi sulle morbide curve dei fianchi. Sulla scollatura ben esposta. Sulla gambe toniche e slanciate.
“Cazzo che pezzo di gnocca, quella me l’ha fatto venire duro” si sentì cianciare tra le guardie. Gli schiamazzi divennero ininterrotti. Almeno finché la porta di ferro si spalancò ponendo Carol Miller di fronte al suo assistito.
“Benvenuta all’inferno, signora avvocatessa” strizzò l’occhio.
“Ma bravo, vedo che il ricovero non ti ha tolto il buon umore.”
“Il ricovero mi ha rigenerato, piuttosto. Finalmente ho potuto dormire in un letto normale, e nessuno è venuto ad infilarmi qualcosa su per il culo” blaterò sprezzante. A quel punto lei si tolse i guanti di pelle nera. Li posò sul tavolino. Lo guardò da dietro spessi occhiali da sole.
“Non c’è niente da fare Edward, sei sempre la stessa testa di cazzo di sempre.”
“Invece di dire stronzate perché non fai il tuo lavoro e mi tirami fuori da qui?”
“Per correre tra le braccia del tuo caro amichetto ‘agente speciale’? Credevo ci pensasse lui. A questo proposito so che lo hai incontrato. Che vi siete detti?”
“Non sono affari tuoi” Ian non aveva voglia di parlare con lei. Un tempo Carol, quando non si chiamava Carol quantomeno, gli piaceva. Ora la trovava irritante.
“Sai, avevo intenzione di chiedergli di andare alla sbarra. Che ne dici?”
“Che non è una buona idea” affermò lanciandole uno sguardo di sfida. A quel punto la donna si tolse gli occhiali.
“Ma non mi dire! Ci tiene tanto a te. Però, effettivamente, pensa che figura farebbe quando il pubblico ministero chiederà: ‘e mi dica, signor Booth, da quando andava avanti la relazione sessuale con il complice del killer della centrifuga?’”
“Finiscila!”
“E chi era dei due che raccoglieva la saponetta? Tutti lo vorranno sapere. I giurati hanno il diritto di conoscere anche i dettagli più scabrosi.”
“Posso spezzarti, lo sai” ad Emmerich mancavano una manciata di secondi per superare il tavolo, prenderla per i capelli e sbatterla in terra.
“Già, spezzarmi e infilarmi dentro una lavatrice per resti umani? Scommetto che eri tu a fare la femmina. Seeley Booth è così virile. Ti manca?”
“Non cederò alle sue provocazioni, signorina Bower.”
Odiava sentirsi chiamare con il suo vero nome e subito il suo piglio della donna mutò. L’ironia era sparita.
“Marcirai qui dentro. Se non ti daranno l’iniezione letale, marcirai qui dentro. Sicuro. E togliti pure il tuo pseudo fidanzato dalla mente ...” s’interruppe per sogghignare piena di mistero.
“Lo devi lasciare fuori dai tuoi sporchi traffici!”
“E perché? È talmente sexy. Vuoi avere l’esclusiva? L’unico ad esserti divertito con lui tra le lenzuola? Conosco certi trucchi che il signor Booth non riuscirebbe a pronunciare nemmeno con il pensiero.”
“Lui non è come te.”
“Già, ma nemmeno tu sei come lui e, soprattutto, non sei come me.” Il suo sguardo si fece cupo. “Facile la vita dei nati belli. Vero, Edward? Te lo ricordi quando eravamo bambini? E tu ti sei ritrovato fuori da quell’inferno perché avevi gli occhi azzurri e i capelli biondi?” fissò il suo assistito piena di rabbia. Proseguì l’arringa: “Tu non sai niente di quello che provano le persone brutte. Le persone grasse. Chi non ha mai potuto contare sull’aspetto fisico.”
“A me sembra che tu punti molto sull’aspetto fisico, ora” ribatté scrutandola con circospezione.
“Tu continui a trovarmi brutta, però. Tu continui a guardarmi e vedi sempre la bambina che ero, grassoccia, con il naso storto e i capelli intrattabili. Tu vedi Bower. Io non sono più Bower!”
“Me ne frego” in realtà nello sfogo della donna, il Profiler cominciava a trovare spunti interessanti.
“Lo so che te ne freghi. Per questo sono ben felice di fartela pagare. E dimmi: com’è avere una mamma buona che si occupa di te. Che ti chiama piccolino mio. Che ti da il bacio della buona notte prima di andare a letto. Io sono rimasta con Mandy altri cinque anni dopo che tu sei stato preso.”
“Ma io...”
“Cinque anni, Edward. Altri cinque anni di torture, di merda. Di castighi indicibili. Mentre tu ti godevi la tua mammina e il tuo paparino con la giardinetta, il labrador e le altre cazzate!”
Come faceva a sapere tutto quello? L’ex agente dell’FBI era impressionato. Doveva liberarsi di quell’avvocato. Subito! Ma come?

1 commento:

Alex G. ha detto...

Caspita che capitolo! Bell'avvocato che gli è capitato, povero Ian,lo odia a morte e ora che farà? Attendo il seguito.