venerdì 3 luglio 2009

Borderline, capitolo 14




Il concerto di Primavera era l’evento mondano per eccellenza a New York almeno per quanto concerneva la musica classica.
William ci mise tutto se stesso per apparire decente. Il giorno prima andò a far visita al suo coiffeur di fiducia. Ben Logan lavorava in un vero e proprio centro benessere. Si conoscevano da quando entrambi studenti alla Columbia si spuntavano i capelli a vicenda. Per l’uno rimase un poco costruttivo hobby, per l’altro divenne una professione. L’accompagnò Stacy, che poteva finalmente usufruire d’un giorno di riposo.
“Come va con Victim? Continuate a menarvelo a chilometri di distanza?”
William rispose sorridendo estasiato. “Se lui fosse vero Stacy, credimi, sarebbe il mio uomo ideale!”
“Ma lui è vero” rispose fermandosi di colpo. Spingeva il passeggino attraversando una Park Avenue scoppiettante di persone e di colori. In primavera New York tornava quella di sempre. Gente di fretta verso i posti di lavoro, turisti, barboni e venditori ambulanti. Tutto come qualche anno prima; come se l’attacco alle torri fosse parte di una leggenda metropolitana.
“Lui esiste, Will, che tu ci creda o no qualcuno dall’altra parte, c’è!”
“Non vuole farsi vedere, non mi chiede il numero di telefono, né un appuntamento.”
“Timidezza.”
“Timidezza? I timidi sono brutti. È brutto.”
“Heath è timido. E lui non è brutto.” Il cuore di William per un attimo si arrestò. Stacy aveva nominato l’innominabile.
“Scusami, non avrei dovuto tirarlo in ballo con tanta leggerezza.”
“Non fa niente” ma era diventato triste e mentre lo diceva i suoi occhi tornarono a luccicare come quattro mesi prima.
“A volte mi manca un casino. E ringrazio Dio del fatto che non dormissimo sempre insieme.”
“Puoi avere tutti gli uomini che vuoi, perché pensare a quella checca schifosa?”
“Poi mi chiedo: è felice ora? Con il suo nuovo ragazzo. Oppure: che starò facendo? Avrà mangiato in uno di quei postacci tipo Sbarro?” prese un fazzolettino dalla tasca e si asciugò l’unico occhio bagnato.
“È un pezzo di merda, non merita le tue lacrime.”
“Lo so, ma il mio cuore non ne è ancora convinto. E poi l’ho trattato male. Avremmo dovuto lasciarci più civilmente mentre, per colpa mia, è finita tipo tragedia greca.”
Ripresero a camminare speditamente, Vanilla aveva iniziato a rumoreggiare in direzione del biberon pieno d’acqua.
Giunsero di fronte al centro benessere.
“Io mi faccio un giro. Quando hai finito mi telefoni.”
“Ok” rispose cercando di tornare sereno. L’attendeva un evento mondano al quale si stava preparando da settimane, gli restava solo di curare il look e poi tutto sarebbe stato perfetto.
L’ex compagno di scuola lo accolse abbracciandolo. “Will, sei in forma come non mai, che ci fai qui?”
“Guardami meglio: non vedi che colorito spento che ho? E i capelli? Lunghi così sono ingovernabili!”
“Il riccio su di te sta benone. Conosco uomini che si farebbero prendere a calci i gioielli pur di avere capelli come questi.”
“Patetici pelati” rispose sarcastico.
“Lascia fare a me. Per quanto riguarda la pulizia del viso se ne occuperà Gabriel” una ragazza dalle chiare origini ispaniche sorridendo fece accomodare William nel suo cubicolo. Indicò la poltrona dove sdraiarsi.
Il trattamento durò un ora circa dopo di ché fu invitato a fare un lampada sebbene il parere contrario di Ben. A lui il colorito pallido sembrava addirittura sexy! Una volta che fu il suo turno si diede da fare spettinandolo e andando a togliere solo le doppie punte. Quando Stacy lo vide rimase ad occhi sbarrati.
“Mio Dio, oh mio Dio, sei uno schianto! Dimmi quanto costa, devo assolutamente fare quello che hai fatto tu!”
“Non saranno troppo lunghi i capelli?”
“Sono favolosi. Sei favoloso!” camminarono per diversi isolati fino all’ora di pranzo


Il biglietto del concerto attendava da tre settimane oramai. Era celato dietro un portaritratti raffigurante suo padre e sua madre il giorno delle nozze. Quella foto era stata scattata il diciassette maggio del millenovecentosessantasei. Liam era affezionato a quell’effige. Ogni volta che li guardava, così giovani e autenticamente innamorati, il suo cuore si scaldava.
Voleva William McCarthy, conoscerlo quanto meno. Sapeva che aveva un ragazzo, sapeva che si era preso una pausa a causa di un infortunio. Erano mesi che ci pensava, da quella maledetta sera della cena di beneficenza. Aveva perso Jake, ma aveva conosciuto William. Se fosse un segno del destino non lo sapeva, l’unica cosa di cui era certo che avrebbe fatto l’impossibile per avvicinarsi a lui. Magari solo per fargli i complimenti del caso. Sospirò. Mancavano oltre tre ore. Poteva anticipare. Magari avrebbe trovato il modo per assistere alle prove pagando una lauta mancia. Ci pensò. Decise che tanto valeva tentare.
Si fece una bella doccia, la barba. Curò molto il look scegliendo una camicia bianca a righe blu e un vestito di Yves Saint Laurent che aveva comprato a Parigi un anno prima. Gli stava un incanto soprattutto ora che aveva perso qualche chilo. Era con un piede fuori alla porta quando Jake gli si parò davanti.
“WOW, ripeto: MEGAWOW! Dove te ne vai tutto in ghingheri?”
“Jake... che ci fai qui?”
“Scusa se non ti ho avvisato ma Heath sta lavorando per uno spot. Ne avrà per molto così pensavo che avremmo potuto stare insieme stasera...”
“Non posso.”
“Mi mandi via?” fece il broncio. Un broncio irresistibile. La razionalità di Liam fece i salti mortali per tenere a bada tutti gli ormoni che impazzirono e impazzarono. Il testosterone superò i livelli di guardia. Stava soccombendo. Alla faccia dei buoni propositi. Sbatte le ciglia e io cedo come un pupazzo!“Solo un’ora. Non di più. Non voglio arrivare tardi.”
“Mi basta.” Entrarono. Jake lo abbracciò. Nel giro di due secondi le labbra si trovarono.
“Amore...” ansimò l’ospite inatteso.
“Jake... Cristo” la mano del ginecologo si aggrappò all’erezione.
“Quanto ben di Dio” enunciò sorridendo.
Si allontanarono dal corridoio allacciati per poi arrivare al divano, teatro negli ultimi tempi dei loro, sempre meno casti, approcci sessuali. Jake non sapeva quello che voleva da Liam ma il suo corpo sì. E non voleva smettere di baciarlo, non voleva smettere di vivere quel momento, di goderselo appieno. Come sempre se ne sarebbe fregato dei sensi di colpa, come quando tradiva Liam, come ora che faceva lo stesso a Heath.
Una volta fatto sedere sul sofà, Jake liberò la turgidità che da qualche minuto coccolava.
Fece scivolare i pantaloni fino ai polpacci. Si chinò per baciare la pancia. Baci brevi alternati a più lunghi, a succhiate vigorose.
“Doccia troppo recente. Mi piace quando sei un po’ sudato, il tuo sapore è più autentico” rivelò prima di spostare la bocca sul pube.
“Oddio” ansimò Liam mentre la punta del suo sesso lambiva le labbra carnose.
Fu uno dei pompini più brevi della loro storia. In una manciata di minuti gli riempì la bocca di caldo liquido.
“Forse avrei dovuto metterci meno ardore” confidò Jake pulendosi le labbra con le dita.
“No, è stato perfetto. Anche perché come sai non ho molto tempo.”
“Ma che concerto è? Non mi dirai che è musica classica! A te non è mai piaciuta la musica classica!”
“Si cambia, piccolo.” Si allacciò i pantaloni. Per tutta risposta Jake iniziò a togliersi i suoi.
“Jake...”
“Questa volta non mi basta solo dare, baby” gli fu addosso. Non passò molto tempo che l’eccitazione di Liam tornasse a far defluire il sangue verso sud.
Lo scopò a lungo. Con veemenza. Con passione. Gli ricordò che l’amava. Che gli mancava. L’altro confermò che lo amava pure lui, specificando però che amava anche Heath e con lui era tutto fantastico.
Per un paio d’ore almeno Liam non pensò a niente oltre a dare piacere a Jake, a farlo gemere di quel piacere, a goderne a suo volta. Il suo corpo, la sua anima, le sue ciglia umide, le sue grida estatiche. Che bello sentire di nuovo la sua casa riempirsi di quella gioia! E tornare a sentirlo fremere attorno al suo corpo.
Entrambi persero il numero degli orgasmi raggiunti. Non era il loro record ma, dopo quattro mesi di astinenza colmata solo da baci e sublimazioni varie, c’era da aspettarselo un ritorno di fiamma del genere.
Mentre si leccavano a vicenda i reciprochi umori simili a felini, Liam fu scosso da un ricordo: “Mio Dio Jake, il concerto. Cazzo!” si ricordò all’improvviso che quella sera doveva fare qualcosa che non fosse propriamente sesso selvaggio con il suo ex! Jake si voltò dall’altra parte insonnolito. Nel giro di mezz’ora, Liam Spancer era di fronte al Metropolitan Opera.
Un valletto lo bloccò: “Mi dispiace, l’ultima pausa è finita cinque minuti fa, non si può entrare durante il concerto.”
“La prego...”
“Sono davvero spiacente,” il ragazzo con un buffo cappello rosso, era irremovibile. Il ritardatario provò a corromperlo con una generosa mancia. Alla fine il giovane si sbloccò.
“Se vuole seguire i minuti che restano passi dal retro. Ma non da qui. Non voglio guai.” Intascò i soldi e indicò come imbucarsi.
Liam superò una serie di barriere prima di riuscire a sentire la musica. Più avanzava più la sentiva vicina. Finchè non divenne un frastuono di violini e clarinetti vari. Dedusse che la soffiata del valletto era giusta. Non aveva buttato cinquecento dollari! Scostò un sipario pesante e riuscì a scorgere l’intera orchestra. Allungò il collo per arrivare a guardare anche il resto. Il motivo per il quale era là, in mezzo alla polvere, al baccano. Con il cuore in gola lo trovò. Il direttore d’orchestra più bello e più carismatico che si potesse trovare sulla faccia della terra. I suoi occhi brillarono. “Will...” sussurrò in preda ad un’emozione violenta. La parentesi di poco prima con Jake sembrava così prosaica al confronto di quello che provava in quel momento. E per un attimo si sentì bene, bene come da un po’ di tempo si sentiva solo con... hot spot 69. C’era davvero un filo invisibile che legava quei due. Il concertista biondo, elegante e bellissimo, l’esibizionista dal corpo asciutto e scultoreo. Non sapeva che fossero la stessa persona ma c’era qualcosa di chimico, di alchemico, di poco razionale che gli suggeriva qualcosa.


William fu brillante. Dopo tutto gli era mancato il palco, la musica, il brivido del concerto! Felice come non mai si ritrovò nel suo camerino circondato dai fiori. Si rilassò su divanetto tra un cesto colmo di rose e uno mazzetto di camelie. Ripensò al concerto: non aveva sbagliato nulla nonostante la paura. Era stato una specie di debutto. Poi, verso la fine era successo qualcosa che non aveva compreso. Di nuovo la sensazione che ‘Angel’ fosse vicino. Era un mondo onirico che si faceva carne e sangue o il suo inconscio si sforzava di percepire la misteriosa presenza per stare meglio? Cercò di non pensarci. Bussarono alla porta. Un valletto fece capolino con la testa.
“Ci sono visite per le Signor McCarthy.”
Si riassestò un attimo prima di dire: “Ma certo.”
Erika e Stacy lo abbracciarono con calore. Prima la donna di colore poi quella più paffuta.
“Ragazze, non fatemi montare la testa! Ho fatto solo il mio sporco dovere.”
“Pure alla grande, direi!” Concluse Stacy genuflessa su di lui. Aveva lasciato Vanilla ad un nuovo amico gay. Qualcuno che, mai e poi mai avrebbe sostituito Heath nel suo cuore ma tanto valeva darci un taglio e andare avanti.
“La mia piccolina è in buone mani?”
“Brent se la starà spupazzando alla grande anche se è probabile che a quest’ora sia crollata.” Tutti e tre uscirono per recarsi a cena. Era una bella serata di maggio. L’inverno era passato ormai. William pensò se anche la cattiva stagione del suo cuore prima o poi avrebbe cessato i tuoni e i fulmini. Voleva che il calore estivo tornasse a scaldargli il cuore come un tempo. Heath non c’era più. L’uomo con cui chattava sembrava provenire da un mondo immaginario. Pazienza, se non altro ho smesso di bazzicare saune e postacci di quella risma. Considerò sentendosi saggio.
Mentre camminava verso l’auto assieme alla due amiche, una voce calda e maschile lo fece voltare.
“William!” Aveva gridato la voce. Subito dopo una sagoma da lontano. E un’altra voce, questa volta minacciosa.
“Finalmente ti ho beccato, ora ti faccio vedere io!” diceva.
Liam cercò di dibattersi. Ma il bodyguard era nervoso e propenso alla lotta. L’aveva trovato dietro il palco e redarguito con insulti e male parole. Liam era riuscito a svignarsela sperando di recuperare il suo idolo in tempo per quando avrebbe lasciato i camerini. Aveva atteso in disparte davanti all’uscita principale ma niente, il suo William non era con gli altri artisti. Verso mezzanotte finalmente l’aveva trovato. Ma la guardia del corpo voleva guastargli la festa assicurandogli una lezione che gli facesse passare la voglia per sempre di intrufolarsi!
William non capiva. Anche le due donne erano interdette. Gli uomini, a una decina di metri da loro, se le davano di santa ragione.
“Però, sempre sexy vedere maschi tutto testosterone che se le danno” disse Erika. L’altra non commentò. William era turbato. Di nuovo la presenza di Angel. Ma questa volta era talmente vicino da forviarlo.
Sto diventando davvero pazzo? Eppure è una vita che non mi drogo! Angel, io ti sento... sento che sei qui.Mai prima di allora, se si escludeva la festa nella quale l’aveva ‘incontrato’ la prima volta, l’aveva sentito così vicino.
“Ragazze voi andate, vi raggiungo dopo.”
“E vedi di non tornare da queste parti, capito?” bercio l’omaccione prima di assestare un altro calcio.
Liam era conciato maluccio. Da una narice perdeva sangue, sentiva ogni osso anchilosato. E gli doleva anche la testa.
“Tutto ok amico?” Liam fece sì con la testa . Si sollevò da terra pulendosi i pantaloni dalla polvere. Alzò lo sguardo e lo vide... era William. Il suo cuore cominciò a galoppare. Deglutì. Da quando non si sentiva così? Probabilmente da quando era ragazzino e si era trovato solo con un uomo.
Dio come è bello, da vicino lo è ancora di più... non sembra nemmeno umano. Pensò vibrando.
Anche William dovette fare i conti con tutta una serie di emozioni sconvolgenti. Quell’estraneo era letteralmente l’uomo più sexy che avesse mai visto in tutta la sua vita. Entrambi i ritmi cardiaci erano degni di una corsa in ospedale per tachicardia. Si guardarono a lungo. Tanto, per minuti che trascorsero lentamente.
Finalmente il silenzio si ruppe.
“Perché quell’uomo ti ha malmenato?”
“Ehm... ho fatto tardi. E così ho pensato bene di infilarmi attraverso le quinte.”
“Ti sei imbucato e avevi il biglietto?” che tipo buffo, considerò. Accennò un sorriso. Liam si chiese se non fosse il caso di presentarsi.
“Liam Spancer” e porse la grande mano.
“William...”
“So come ti chiami. In verità sono qui per te” ammise timidamente. Abbassò lo sguardo.
“Addirittura!” il direttore d’orchestra arrossì. Forse stava sognando. Un sogno che lo avrebbe di certo portato ad una polluzione notturna. Perché un uomo tanto sexy gli faceva la corte? Certe cose succedono solo nei sogni erotici, Will. E poi è un estraneo, magari un pazzo sadico che vuole tagliarti le dita! Considerò. Dopo le ultime disavventure doveva cominciare a temere il peggio. Sempre.
Mai abbassare la guardia.“Delle amiche mi attendono per cena.”
“Vai pure. E scusa.”
“Ma figurati. È stato un piacere, Liam giusto?”
“Sì. Spero che ricapiti.”
“Prendere dei cazzottoni in faccia?”
“Vederti.” William rabbrividì. Era lui, ne era certo.
“Grazie...”
“A te...”.

1 commento:

Alex G. ha detto...

Mio dio! Finalmente si sono incontrati! Povero Liam, pestato dal body guard, ma ne è valsa la pena per incontrare quel figaccione di William. Continua, ti prego.